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venerdì 31 ottobre 2008





Wall-E(Odissea di un robottino)



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Sono tornata a casa folgorata ,da questo film S T R A O R D I N A R I O .
Fin dall'incipit dei titoli di testa ,sulle note di Hello Dolly , ho sentito che ero di fronte ad un capitolo determinante del futuro cinema d'animazione (?).E così è stato.
Pure da Ratatouille ,con il quale, credevo ci fosse una linea di continuità se non altro per la ricerca tecnica del 3D;il salto è grande . Una distanza che lo pone oltre . Un film che rappresenta una weltanschauung cinematografica ,nella sua compiuta apertura a nuove interpretazioni dello specifico, linguaggio cinematografico.Bellissima tutta la prima parte sul pianeta terra, con la solitudine di Wall-e condivisa con l'insetto, i
"resti "umani-feticcio accumulati e catalogati, e la vhs di Hello Dolly come unico riferimento ad una educazione sentimentale, negata dalle” direttive di programmazione”. Il tutto ,senza dialoghi ,almeno , nella prima parte. Solo la terra ,ridotta ad una serie di monumentali torri di rifiuti, alla mercè delle tempeste solari.
Inquadrature e fondali che “parlano “agli occhi ,nella loro fuligginosa bellezza nei colori avvolgenti ,e rendono reale il sentimento di solitudine e abbandono .
Wall-E che nella ripetitività dei pochi gesti, delle poche “espressioni”, riesce a dare ,invece, il senso del calore umano ,della poesia perduta. E poi arriva EVE, l'unità esploratrice che fa scattare la scintilla del desiderio
in Wall-e ;come la fiamma che accende l'accendino ,rimasto misteriosamente spento fino a quel momento .
L'Odissea ha inizio.. tra le profondità degli spazi su di una nave-pianeta, all'inseguimento dell'amata. Ci sarà anche una nuova possibilità per gli uomini, ridotti anch'essi a pingui larve umane sottomessi alla tecnologia e condannati all'incomunicabilità.Brutti davvero,anche graficamente. E poi le citazioni, gli omaggi:prima tra tutte, Odissea 2001, con il calcolatore sulla stazione superlusso orbitante,poi la deliziosa danza con l'estintore nello spazio, i robot difettati/ribelli, sorta di “freaks” futuribili. E la scarpa dove nasce la piantina ,speranza di una nuova vita:ci rimanda allo scarpone di Charlot con la sua rivoluzionaria potenza destabilizzatrice.Ancora, il comandante che riscopre l'umanità sopita (“i campi dove poter coltivare la pizza!”), le persone che riscoprono la realtà del contatto fisico ,oltre lo schermo...
Ma soprattutto ci sono Wall-e e Eve , al di sopra di tutto,al di sopra delle “Direttive”. Ripeto i dialoghi sono pochissimi, le musiche bellissime.Anch'esse frutto di citazioni ed omaggi cinematografici.
Avvolgono e sostanziano al meglio ogni inquadratura. Durante la proiezione, spesso c'è stato un silenzio irreale, credo che fossimo tutti partecipi della dolcezza, del romanticismo ,della poesia che faceva tenere stretti gli ingranaggi di Wall-e ed Eve: ma a ben vedere ,erano Mani due tenere mani, strette strette. ...Ecco, finchè il cinema ci saprà "restituire" poesia come in Wall-E, ci sarà ancora speranza per il genere umano.
ANDATELO A VEDERE.




P.S.: La canzone finale dei titoli di coda è stata scritta ed interpretata da Peter Gabriel.
Il delizioso collage sul quale scorrono i titoli di coda è imperdibile!

sabato 25 ottobre 2008

Odette Toulemonde


"Odette Toulemonde".
(Lezioni di felicità)

Odette Toulemonde, è la lettrice che si vuole immaginare per certa letteratura
d'appendice: impiegata in un grande magazzino al reparto cosmetici, vedova con due figli problematici da seguire, arrotonda il salario cucendo piume sui costumi delle Folies. Dotata di una natura solare e generosa ,ne dispensa a tutti ;dai vicini bizzarri ,al singolare “Gesù”,alla cliente vittima del coniuge violento. E attribuisce, generosamente ,tutta la sua forza, al suo scrittore preferito .Lui la fa letteralmente “volare”, la fa esplodere in tutta la sua gioia, soprattutto quando canta le canzoni dell'amata Josephine Baker. Così la vita procede a Charleroi nella provincia Belga, quanto va male a Parigi, allo scrittore in questione. Balthazar Balsan vive con frustrazione il suo ruolo di scrittore per “sciampiste” , seppur di successo.La moglie poi,lo lascia per andare con il suo più acerrimo critico. Ma una lettera scritta da Odette aprirà uno spiraglio nella vita di Balthazar....Un film delizioso, con la leggerezza tipica di certi film francesi (vedi “Il mio migliore amico”), che sanno però mettere in gioco idee e problematiche concrete e di “ peso”,a dispetto dell'approccio surreale e naif. Il rapporto tra scrittore e lettore, la provincia, e la città preda dei suoi miti culturali.Ed infine l'incontro tra due mondi apparentemente estranei ed inconciliabili. Devo dire che le critiche ricevute dal film sono rivolte in gran parte, proprio agli aspetti ,che io ritengo di maggiore incisività ed efficacia . A dimostrazione , ancora una volta ,di certo snobismo dei critici cinematografici , quando si parla di amore e felicità in modo semplice, e non criptico.
Odette è una persona “semplice” , ma non superficiale, una pura di cuore e di spirito. E questo attira ,inevitabilmente ,la spocchia di Tanti, facendo da specchio e misura,nel contempo ,alla loro stessa meschinità. Un film che mi ricorda (mi si perdoni l'accostamento “illustre”) i temi cari a Zavattini , in Miracolo a Milano, per esempio.Le musiche di Piovani e le canzoni di J.Baker sono una degna cornice insieme ai siparietti surreali , di persone ed oggetti. Ultima, ma non ultima, l'attrice Caterine Frot, bravissima e misurata senza diventare macchiettistica. A sorreggerla gli altri bravi comprimari.Il regista ,esordiente in questo film ,è lo scrittore Eric-Emmanuel Schimmt. Scrittore e commediografo(suo Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano). Insomma un piccolo film che è un'iniezione di positività ,un balsamo dell'anima ,da vedere ,magari ,quando ci si sente un po' depressi e rinunciatari.
Consigliatissimo a tutti quelli che hanno il cuore un po' “infreddolito”. Avrà l'effetto ,rassicurante ,di una cioccolata calda..

giovedì 23 ottobre 2008



Una serata con

                                                   Juliette Greco
18 settembre 2008 , ore 20 e 15 circa ,mi dirigo a passo svelto verso il teatro municipale di Benevento , alle 21 si esibirà Juliette Greco in “Recital”, ed io non voglio perdermi neanche un secondo di questo evento. L'ho detto ,un evento ,questo lo è davvero. Il teatro è piccolo, non ci ero mai stata, ma il soffitto affrescato con cielo di cherubini e pulcinella è delizioso ancorchè bizzarro. Mi sembra in tono con la serata. Il pubblico inizia ad entrare ,c'è il tutto esaurito da molte settimane...perchè non a Napoli ?Penso... ma subito ,puntualissime ,si spengono le luci.
Ecco ,si vede dal fondo del palco un ombra: è Lei . La scena è essenziale, una quinta nera sul fondo, un piano , un fisarmonicista, delle luci discrete.. Quando appare davanti al microfono mi si ferma il respiro da quanto è bella , grandissima in poco più di un metro e 50. Una tunica di velluto nero(quale altro colore?) modellata sul fisico esilissimo , lunghe maniche che si stringono ai polsi e mettono in risalto le mani che reciteranno per tutto il concerto, sempre mobilissime. E il caschetto bruno, gli occhi magnetici ,profondi ,e la voce ancora ,che pare immutata. Le canzoni si susseguono ,e sono un viaggio negli amori nelle suggestioni ,nella storia e nella resistenza di una Francia che ho molto amato e amo tuttora. La “musa degli esistenzialisti”, con questa espressione,oggi datata ,l'hanno definita al tempo.
Sartre, Simone De Beauvoir, Boris Vian, Cocteau, Queneau, Brel ,Brassens; Ferré, Prevert,,Camus,Gainsbourg,Miles Davis, sono solo alcuni di quelli che hanno scritto per lei e l'hanno amata. Ma Juliette ha attraversato i fermenti di quei tempi ,incrociando anche molti dolori personali per poi successivamente abbracciare un impegno politico civile e sociale ,internazionale, che non è mai venuto meno. Io come molti della mia generazione ,l'ho conosciuta con il film “Belfagor” di cui era interprete, e che ebbe uno straordinario successo in tutta Europa. E poi, da sempre ,insieme ,le canzoni. In molti casi, pura poesia ,come quelle scritte da Prevert, Aragon, Brel, Brassens.
La Javanaise, L'Accordéon, la provocatoria Déshabillez-moi, la cruda J'arrive..... e tutti siamo con lei, ci lasciamo accarezzare dalle sue mani , dagli accenti imperiosi della sua voce.
Mio marito , mi sussurra di tradurgli qualche passaggio...ma poi rinuncia....siamo all'apoteosi finale con la Chanson de vieux amants, e poi ,lungamente attesa ,Ne me quitte pas.
Ho applaudito tanto, e vincendo la mia timidezza ,le ho gridato “Bravo bravo”...
credo di aver trattenuto le lacrime. Uscendo ho sentito qualcuno commentare la sua età ,81anni!
E io che pensavo ne avesse al massimo 75! Cara Juliette ,proiettata nell'unica “tua” realtà:il futuro.( programma una tournée in Sudamerica...) Grazie per avermi regalato una vera ,autentica, grande emozione.

lunedì 20 ottobre 2008





                       “ Il vento fa il suo giro”

Avrei potuto vederlo tempo fa,(ne avevo una preziosissima copia in anteprima) ma per vari motivi ,solo ieri sera ho finalmente visto,questo bel film di Giorgio Diritti.
Finalmente, dopo lungo tempo ,un film italiano che mi riconcilia con la cinematografia nostrana(a parte il “caso” Gomorra)e del quale, posso dire tranquillamente ,che è uno dei più interessanti e riusciti degli ultimi anni. Il film è stato fortemente “voluto “dai suoi sceneggiatori e dal suo regista, al punto da lanciarsi in una coraggiosa cooproduzione alla quale ,strada facendo si sono aggiunti tutti gli abitanti/attori ,della comunità montana nella quale è stato girato. Mancando una vera distribuzione, è cresciuto poi sul passaparola di quelli che avevano potuto vederlo, facendone richiesta allo stesso Diritti.
Presentato a molti concorsi e rassegne all'estero,ha vinto alcuni riconoscimenti,prima di approdare ai David di Donatello dove ha finalmente avuto la giusta consacrazione dalla critica italiana ed è giunto alla conoscenza del grande pubblico. Per non rimanere, comunque, nell'ambito di una nicchia di cinéphiles , nelle poche sale del nord Italia, è uscito in dvd quest'estate.
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Ci troviamo in una comunità montana del Monviso pressochè completamente abbandonata ,ma dove sopravvive ancora gelosamente difesa ,la lingua e la cultura occitana(il film è in gran parte sottotitolato). Nel piccolo paesino, giunge un ex professore di filosofia ,pastore per scelta, intenzionato a trasferirvisi con moglie e figli dai Pirenei (dove si sta per costruire una centrale nucleare).I primi approcci con la comunità, viaggiano sull'onda della diffidenza verso il “francese”;ma il sindaco, strappa ai pochi concittadini ,una possibilità per lui. Come segno di speranza ,per una nuova linfa che potrebbe portare al ripopolamento del paese. Da questo momento tra la famiglia e i paesani si alterneranno e convivranno assieme, momenti di apertura accogliente ad altri di chiusura , e ancora ,sottolineature orgogliose dei propri “confini”, siano essi culturali o alla lettera“terreni”. I contrasti tra le due identità ,col proseguire della vicenda,giungeranno fino ad una cattiveria primitiva. Il francese e la sua famiglia saranno sempre più ,messi all'angolo, e percepiti come “estranei” a quel mondo, a quella cultura con la quale sembravano volersi confrontare e forse misurare.In fondo convive nei paesani il desiderio di sottrarsi a qualunque giudizio morale , che non sia quello della loro stessa cultura ,di cui sono al tempo stesso ostaggi e custodi. Philipe e la sua famiglia, dall'altra, non possono e non vogliono fare o dire più di quanto facciano, per rompere il muro che gli si presenta .Ne abdicare alle loro convinzioni in nome di una “tollerante” convivenza .Solo lo scemo del villaggio riesce ad entrare in sintonia autentica con la famiglia francese. Divenendone poi parte .Ma prima ancora,era stato in sintonia con la natura ,con la magia dei luoghi quasi in risonanzacon loro nel mimare continuamente l'atto del volo.Ed in quello spazio,unico e solo ,
aveva trovato l'assoluta autenticità di un rapporto. Proprio con le istanze e le domande universali di cui ,simbolicamente ,e' portatore lo scemo del villaggio, si chiude il film. Senza voler dare risposte, ma lasciando intravedere un possibile riscatto per i paesani,mentre l'auto dei francesi si allontana sulla strada....
Ben girato, ben scritto, senza inutili indulgenze moralistiche , ma chiaro e diretto,con una fotografia poetica(ho scoperto in seguito che D.è stato allievo di Olmi)ed una accattivante colona sonora; brilla per l'interpretazione non solo ,degli unici due attori professionisti(Thierry Toscan e Alessandra Agosti), ma anche per tutti gli altri che non lo sono. Che dire, un piccolo gioiellino italiano ,come non mi capitava di vederne da anni. Assolutamente da non perdere.

giovedì 16 ottobre 2008

SAVIANO UNO DI NOI?..

Ieri sera ho ascoltato le “Parole “di Saviano a Matrix, e da napoletana, che fa parte quindi di quel territorio martoriato ;ho provato una grande stretta al cuore ,ascoltandolo, mentre diceva che la prima ,vera reazione appassionata ,(”di pancia"),alla situazione che vede sottomessi quei luoghi alla logica camorristica; è stata da parte degli extracomunitari all'indomani della strage di Castelvolturno. Strage dove sono state uccise persone estranee alla malavita , innocenti. Ho compreso il suo sgomento e condivido il suo dolore nel constatare che gli abitanti del posto si sono sentiti solo spettatori impotenti,ai margini ,di quello che era successo. E mi sono interrogata in prima persona ,sul senso di appartenenza alla mia terra . A dire il vero è da molto che mi interrogo sul significato della parola appartenenza e su quella di cittadina,“civis”. Forse questo termine con quello che comporta e sottende,non è mai appartenuto alla storia del meridione e a ben guardare forse all'Italia. Le ragioni storiche credo affondino le radici in tempi lontani e si sono intrecciate nel tempo con una colonizzazione culturale vissuta o resa spesso, come un semplice “destino ineluttabile”. Ricordando ancora la lettera aperta di qualche giorno fa su Repubblica, mi chiedo con Saviano , come ci si possa ancora trincerare dietro l'alibi della paura,o dietro la ricerca di una “quotidianeità accettabile"(sono sue parole ), vista come la sola possibilità auspicabile di vita. E sotto la cui ombra mettere al riparo le nostre famiglie , i nostri valori, le nostre coscienze. No , non c'è riparo non c'è ambito con cui si possa giustificare tutto questo. Tutto avanza ,tutto evolve in negativo, determinando un effetto boomerang che non può ,non farci riflettere, non può esimerci dallo scegliere. O scegliamo, finchè ancora possibile, o non sarà più possibile scegliere. Ecco io trovo sia sempre più difficile pensare noi stessi sulla base di un terreno condiviso, mentre dovrebbe essere semplice, da cittadini,riprendersi il proprio territorio. Insieme. Ma siamo sempre più soli, nell'illusione del nostro orticello da difendere e curare(e non è certo quello di Voltaire!), o preferiamo delegare ai pochissimi eroi quello che dovremmo Essere Noi. Ricordo quella bellissima frase scritta dai siciliani dopo la morte di Falcone” Le tue idee cammineranno sulle nostre gambe...” Saviano tutto questo lo ha fatto, e continuerà a farlo con le “parole”. Io gli auguro di riprendersi quella vita che in parte e momentaneamente gli è stata sottratta, perchè penso che se dovesse definitivamente o meno andar via dall'Italia...purtroppo la sconfitta sarebbe, questa volta si ,solo Nostra. A lui dobbiamo solo dire GRAZIE ROBERTO.

lunedì 13 ottobre 2008


                   " IN BRUGES...."
( mancato al cinema ma “recuperato “vedendolo in dvd) .

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Voglio parlarvi di un film che ho visto recentemente e che mi ha particolarmente colpito per la sua originalità e perchè mi ha fatto scoprire una città: Bruges appunto, che nella mia grande ignoranza geografica( e non solo), avrei sicuramente collocato da “qualche parte in Francia....” Provvidenzialmente invece ,ho scoperto , una città belga dal fascino davvero speciale che contribuisce al pari dei protagonisti ad investire il film di una sottile carica malinconica, facendo da cornice inaspettata con le sue atmosfere gotiche ,ad una trama dal sapore noir ,ma non solo ....


In breve : Ray e Ken(Colin Farrel e Brendan Gleeson) irlandesi , killers di professione ,vengono spediti dal loro capo Harry ,(uomo dalla doppia anima tanto spietato nel lavoro quanto tenero in famiglia,(Ralph Fiennes )a Bruges in Belgio .Li dovranno nascondersi in “quarantena” attendendo istruzioni, ma in realtà ,pronti a subire la“punizione”, per un omicidio finito in maniera imprevista .Durante il soggiorno da turisti forzati, Ray e Ken sveleranno la loro natura di uomini alla ricerca di una sofferta e conflittuale umanità sempre più compromessa e quindi, forse, perduta.Ma allo stesso modo, attraverso il loro rapporto fatto di solidale complicità ,manifesteranno una possibile apertura alla speranza e a ciò che è stato perduto.Il tutto contrappuntato dalla città di Bruges e i suoi capolavori ,nei quali i due protagonisti ,spesso in contrapposizione, sembrano rintracciare risposte o viceversa ,nuovi interrogativi. Molti bizzarri personaggi,(il Nano,la ragazza spacciatrice di droga che dice sempre la verità, l'albergatrice incinta , il fornitore di armi russo etc..sono solo alcuni)contribuiscono al dipanarsi della vicenda , e insieme alla sceneggiatura, davvero ben scritta,alimentano un ritmo ed una tensione che non vengono mai meno. Alcune trovate della sceneggiatura poi, sono funzionali in maniera “geniale “alla vicenda: ad esempio le monetine che troviamo in tre momenti topici del film , l'omicidio mimato nella torre che poi vedremo realizzato più tardi, le allucinazioni del nano e il suo stesso omicidio,il gioco dialettico nano-bambino etc..Molti che hanno visto il film, hanno citato Tarantino e andando ancora più lontano Beckett. Io non sono daccordo, casomai ci ritrovo un' eco dell'ironia dei fratelli Coen ma con un fondo di melanconia sospesa ,che lo rende assai personale.Alcune battute sono divertentissime e al regista e sceneggiatore Martin McDonagh (di provenienza teatrale),non difetta certo il sense of humor.Non svelo più di quanto già detto, per chi ancora non l'ha visto. Aggiungo che tutti gli attori sono bravissimi e il film seppur "giocando" in maniera intelligente con vari generi e attraverso le tante citazioni ed omaggi a illustri predecessori, giunge a trovare infine un suo stile, ed una cifra originale ...merito di Bruges?? aspettiamo.....


Ray:"Il Purgatorio è dove si sta non troppo bene e non troppo male. Come il Tottenham."



Ray:"Una birra anal per il mio amico gay e una normale per me che sono normale."

domenica 12 ottobre 2008

Scriverò soprattutto di emozioni; sollecitate o vissute attraverso quelle che sono le mie passioni “elettive”.
La forma ,sarà quella di pensieri in libertà e/o semplici digressioni su argomenti, che via via solleciteranno il mio interesse e la mia attenzione.
Grazie a quelli che vorranno condividerli con me..