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mercoledì 19 novembre 2008







“El Orfanato”
(The Orphanage)

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Normalmente non scelgo mai un film sull'onda del clamore suscitato o quando viene presentato come assolutamente da vedere,o peggio, per il successo di pubblico ottenuto... in questi casi,creo una distanza difensiva ed emotiva temporale; lascio passare del tempo che ne annulli ogni traccia nella memoria fino a restituirmi quella necessaria pulizia di giudizio che mi predispone alla visione. Così non è stato per El Orfanato.
Ho voluto infatti condividerne(ed è raro) la visione, con mio figlio, trattandosi di horror, (almeno così lo si è voluto presentare) genere da lui molto amato.Il film giunge in Italia con un bagaglio di svariati premi vinti in Spagna e candidature agli Awards Europei,nonchè l'imprimatur di Guillermo del Toro nella veste di produttore . Gli ingredienti ci sono tutti: una location bella, ed inquietante quanto basta,la villa gotica /orfanotrofio(mi ha ricordato tanto il francese Saint Ange.). Un passato traumatico che riaffiora..un bambino condannato dalla malattia(HIV!), la perdita/separazione che spinge alla regressione sul limite della follia, i bambini “presenze” di un'altra dimensione dello spirito.. Bella la fotografia(una nuova acquisizione geografica,Llanes nelle Asturie: meravigliosa!), e bravo il regista al suo primo lungometraggio J.A.Bayona. Un pò perplessa sui movimenti di camera ,a“scatti”,che si vedono, nella corsa sulla spiaggia della protagonista : una raffinatezza (?)di cui non ho compreso il senso. Ma soprattutto brava la protagonista Laura/Bélen Rueda architrave di tutto il film. Non è un horror che vive dei classici canoni;tranne qualche scena (l'incidente alla governante e la maschera di Tomas). Quindi direi più che è, un'interessante variazione sul tema e un buon esercizio di stile. Si può ormai parlare con O.di una scuola Hispanica (The Others, Il labirinto del Fauno,solo per citarne qualcuno..), nel trattare ed approfondire il genere, senza necessariamente avvalersi di litri di sangue ed effetti speciali . Le musiche non di rilievo e neanche al servizio della suspence. Inquietante la Chaplin, anche senza l'ausilio del personaggio. Non ho gradito il finale,che mi sembra chiudere in maniera fastidiosamente ambigua e superficiale le buone premesse della sceneggiatura.
Per chi ha gradito The Others, un ulteriore passo in avanti.




P.S.: Perchè ostinarsi ad americanizzare i titoli?

lunedì 17 novembre 2008

" I diritti imprescindibili del Lettore"


Il diritto di non leggere


Il diritto di saltare le pagine


Il diritto di non finire un libro


Il diritto di rileggere


Il diritto di leggere qualsiasi cosa


Il diritto al bovarismo


(malattia testualmente contagiosa)


Il diritto di leggere ovunque


Il diritto di spizzicare


Il diritto di leggere a voce alta


Il diritto di tacere.



da "Come un romanzo" di Daniel Pennac

sabato 15 novembre 2008

"Il Libro"


"Fra i diversi strumenti dell'uomo, il più stupefacente è, senza dubbio, il libro.


Gli altri sono estensioni del suo corpo.


Il microscopio, il telescopio, sono estensioni della sua vista; il telefono è estensione della voce; poi ci sono l'aratro e la spada, estensioni del suo braccio. Ma il libro è un'altra cosa: il libro è un'estensione della memoria e dell'immaginazione."


Jorge Luis Borges


Domanda: Perchè secondo voi non esistono più libri/ letture, cosidetti "generazionali"?

mercoledì 12 novembre 2008

"Si può fare"





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Non so, se scrivere in poco più di un mese di un altro film italiano ,possa autorizzarmi a parlare di segnali positivi o azzardare il termine, (orrorifico!)rinascita.Sta di fatto che non mi capitava da tempo di scegliere la visione di tante produzioni italiane tutte di fila in poco tempo(La terra degli uomini rossi, Pa- ra-da, Pranzo di ferragosto, Il vento fa il suo giro, ed ora ,Si può fare.)E' anche vero che per alcuni di questi , Marco Muller all'ultima mostra di Venezia ha coniato il termine di “cinema nomade”, cioè firme nazionali che ,”spostano lo sguardo,” girando in altri paesi.
Ritornando al nostro.
Ci troviamo negli anni 80 , Nello ,sindacalista troppo illuminato per i tempi ,si ritrova “degradato”e finisce a capo di un'associazione : la “Cooperativa 180”.Qui ( in uno dei primi esperimenti di accoglienza) troviamo un gruppo di ex pazienti manicomiali liberati dalla Legge Basaglia ,e supportati dal cauto dott.Del Vecchio(omen nomen?).Nello porterà al gruppo di soci l'idea e l'intuizione del “si può fare”. Trasformando ben presto le potenzialità di ognuno ,in risorse creative da lanciare sul mercato del lavoro. Nasce una cooperativa di parquettisti, che ,dapprima giovandosi di un fortuito caso, verrà in seguito accettata con pieno successo finanche dall'opulento e pregiudiziale mondo yuppie. C'è in seguito,qualche virata sul drammatico, ma sostenendosi alla buona sceneggiatura, il tutto rimane ,discretamente, equilibrato. La tentazione a trasformarsi nel “volo del cuculo de noartri” è brillantemente superata; merito della sceneggiatura che non affonda nel già visto, perchè pone l'accento più sul rapporto d'accoglienza con l'”esterno “che sulle problematiche dei matti in quanto tali.
Un limite ,accettabile ,sta proprio nella regia un po' di “maniera”, e qui forse la sceneggiatura poteva esigere un occhio diverso. Bisio bravo attore di teatro continua a non convincermi completamente (vive sul grande schermo lo scotto della maschera televisiva?). Anita Caprioli non particolarmente in luce, bravo Battiston il medico basagliano. Ma soprattutto bravissimi tutti i soci della cooperativa . Ho stentato a credere che fossero tutti attori professionisti. Una nota a Giovanni Calcagno/”Luca”e Franco Pistoni/”Ossi”. Happy end con finale toccante.
Tratto da una storia vera che sembra oggi distante anni luce.
Si sorride ,si riflette, e si esce dal cinema contenti di un film che vale tutti i soldi del biglietto.

lunedì 10 novembre 2008

" Il Dono"


Oggi sono stata svegliata da una "maddalena" di Proustiana memoria. Questo accadimento mi ha portato per mano ... e mi ha fatto inconsapevolmente un regalo, che vi giro, per condividerlo insieme.



Per quelli che ignorano l'inglese, come me, allego traduzione.


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Il Cielo è basso - le Nuvole sono misere.Un Vagabondo Fiocco di NeveIn un Fienile o sul Solco di una ruotaSi chiede se andrà a finire -Un Vento Gretto lamenta tutto il GiornoCome qualcuno l'ha trattatoLa Natura, come Noi è talvolta sorpresaSenza Diadema -

Emily Dickinson

giovedì 6 novembre 2008

"La banda"



Note di pace nel deserto Israeliano
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Dopo l'elezione epocale di Obama a nuovo presidente degli States, in un clima già denso di speranze ed aspettative vi parlerò di quelle ,”filmiche” ,suggerite dalla visione del primo lungometraggio del regista israeliano Eran Kolirin.
Tutto prende avvio da un errore.
Quello in cui incappa la banda della polizia di Alessandria D'Egitto, invitata ad inaugurare un centro culturale arabo in Israele. Il direttore ,colonnello Tewfiq, si renderà conto che per un banale errore di pronuncia è giunto nell'arida e spettrale Bet Hatikva invece che nella moderna Petah Tikva. Insieme ai componenti della banda , si vedrà costretto ad accettare l'ospitalità curiosa e franca della disinibita Dina,padrona dell'unico ritrovo del posto;prima di poter ripartire l'indomani.
Tra palazzoni disabitati , testimoni di un passato ormai lontano , la distanza iniziale tra i componenti della banda e i pochi abitanti
(divisi nella realtà da lingue e culture diverse) ,viene progressivamente azzerata, per far posto ,ad una umanissima curiosità.
Curiosità dietro la quale, urgono i disagi esistenziali e sentimentali di ciascuno. Tutto in una notte .
”L'incontro” di ogni personaggio avverrà in particolari contesti:una famiglia riunita per un compleanno, una pseudo discoteca roller , in un curioso turn over attorno ad una cabina telefonica, su di una panchina ,in un parco: più immaginato che reale.Complice la musica,che fungerà da “disgelante”, agevolando col suo linguaggio universale, l'apertura e il dialogo reciproco. Così sulle note di Summertime e dell'americanissimo Chet Baker si getteranno dei ponti , che cambieranno la percezione che ognuno ha dell'Altro.
Tutto viene trattato con mano leggera e non senza ironia. L'espressività dei volti, soprattutto di Towfiq, quasi da film muto ,enfatizza una recitazione che procede per sottrazione.Dina invece ,col suo personaggio energico e sfacciato , contribuisce più di tutti a bilanciare i toni agrodolci. Una “piccola" commedia, che come spiega il regista ha fatto inaspettatamente il giro del mondo.Ugualmente apprezzata sia dal mondo arabo che da quello israeliano. Prendiamola come una speranza beneaugurante .Quella di cui proprio tutti oggi, abbiamo bisogno.