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lunedì 16 novembre 2009

TESTAMENTO DI UN CANE


"Amico mio, la mia eredità non è fatta di beni materiali,ma resteranno tuoi per sempre l'allegria, la gioia di vivere, il rispetto che spero di averti insegnato in tanti anni di vita in comune.

Se sono riuscito a spiegarti cos'è l'amore di un cane e tu sarai capace di regalare un amore che gli assomigli anche solo un pò-a qualsiasi essere vivente, uomo o animale che sia- spero di averti lasciato un bene inestimabile e scodinzolerò felice tra le nuvole.

Una raccomandazione: non provare a dimenticarmi, non ci riusciresti.....e non dire:"Basta animali, ho sofferto troppo"; se lo dicessi, vorrebbe dire che non ti ho lasciato nulla.

Se ti ho insegnato l'amore dimostramelo, offrendolo ad un altro animale: ti darà anche lui tenerezza, allegria ed ancora amore.

E alla fine ti lascerà un testamento come questo.

Così senza accorgertene, continuerai ad imparare a crescere, ed un giorno ci ritroveremo tutti insieme in un unico paradiso, perchè non c'è un Paradiso per gli uomini ed un Paradiso per gli animali, ce n'è uno solo per tutti quelli che hanno imparato ad amare".

(trovato su un blog in rete..)

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Alla mia dolcissima Bella, entrata nella mia vita in punta di piedi nel 2000, sconvolgendola ed inondandola d'amore e che continuerà a farlo ancora...in altro modo.

lunedì 2 novembre 2009

Alda Merini








Ti aspetto e ogni giorno

mi spengo poco per volta

e ho dimenticato il tuo volto.

Mi chiedono se la mia disperazione

sia pari alla tua assenza

no è qualcosa di più

è un gesto di morte fissa

che non ti so regalare.



Spazio datemi spazio
ch’io lanci un urlo inumano,
quell’urlo di silenzio negli anni
che ho toccato con mano.Spazio spazio, io voglio, tanto spazio
per dolcissima muovermi ferita:
voglio spazio per cantare crescere
errare e saltare il fosso
della divina sapienza. 
Alda Merini, da "Vuoto d'amore"

mercoledì 19 agosto 2009

Ciao Fernanda(Genova, 18 luglio 1917 - Milano, 18 agosto 2009)




11 Settembre 2001
Con molto dolore per i morti e per la tragedia devo dichiararmi perdente e sconfitta perche' ho lavorato 70 anni scrivendo esclusivamente in onore e in amore della non violenza e vedo il pianeta cosparso di sangue.

martedì 14 luglio 2009

Silenzio



Articolo 19 della “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo“:
Ogni individuo ha il diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.

Questo blog aderisce all’appello di diritto alla rete contro il ddl alfano che imbavaglia la internet italiana

lunedì 20 aprile 2009

Disastro a Hollywood



Si ride (amaro) a Hollywood.
What Just Happened?(Che cos'è appena successo?)
(dal libro,Storie amare dal fronte di Hollywood di Art Linson)
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Messo da parte il titolo italiano , Disastro a Hollywood, abbastanza fuorviante per quello che era possibile (gran parte del pubblico aspettava crasse risate..).
Il film tratta di un affermato(ma come si vedrà ,nessuna posizione è conquistata per sempre..) produttore hollywoodiano(Ben /de Niro)seguito nelle due settimane che precedono l'uscita di un suo film e la “gestazione” di un secondo.
Siamo nel rutilante e caotico mondo di quella macchina schiacciasassi che è Hollywood ,mecca del cinema.
Si alternano capricci e nevrosi, successi e cadute,di stars e aspiranti tali.
Si rincorrono finanziatori ambigui e volubili,si disputano duelli all'ultimo sangue con distributori spietati , da sempre asserviti alle regole del business più cinico.
Ultimo di una lunga serie di film che ha spiato e indagato sul mondo del cinema, mette sul piatto un cast stellare da De Niro in primis, a Sean Penn, Bruce Willis John Turturro ,Stanley Tucci,Robin Wright Penn. Molto generosamente e senza alcuna forma di compiacimento, Willis e Penn impersonano se stessi .E soprattutto Willis,si presta a due dei siparietti più godibili del film: l'orazione funebre alla cerimonia di un agente morto suicida, e l'attesa del taglio della barba da parte della troupe. Mentre Turturro,che ne impersona il fragile agente,è irresistibile indossando improbabili slip con stemma italiano!
Ma su tutti svetta de Niro, ripulito a sufficienza dai “gigionismi”degli ultimi tempi. Misurato ed efficacissimo nel declinare tutte le sfumature i disagi e le bassezze umanissime ,di un produttore molto “reale”.
Auricolare sempre “online”, prigioniero di ritmi frenetici resi con improvvise accelerazioni della macchina da presa, in fondo fa un po' tenerezza...tenerezza che serpeggia qui e là per tutto il film, ma come qualcosa ,che per pudore si lascia sottindere, si lascia alla discrezione benevola del pubblico.In fondo se di sorrisi si tratta , sono comunque sorrisi amarissimi. Il produttore Art Linson che ha scritto il libro autobiografico da cui è tratto il film; ha confermato che hanno eliminato dalla sceneggiatura scene considerate troppo dure ,eccessive addirittura ,per il pubblico. Verissime tuttavia ,che testimoniano come la realtà dell'industria cinematografica sia molto più dura di come il film la rappresenta. Mi chiedo perchè ogni tanto con modi e risultati diversi, Hollywood senta la necessità di riflettere su se stessa, visto anche il finale del film, che non suggerisce cambiamenti significativi in questo senso.
Da vedere

sabato 11 aprile 2009

“Io, il Cinema, e l'imprinting dell'Angelo Azzurro..” I parte



Nel mio amore per il cinema, devo riconoscere un ruolo fondamentale e determinante,al film L'Angelo Azzurro.Questo film,infatti, è stato l'imprinting che ha fatto nascere in me la passione che tuttora coltivo.
C'è una datazione di questo “momento”,che lo colloca tra il mio ottavo o nono anno d'età . Negli anni 60 la televisione, in Italia ,svolgeva un ruolo pedagogico verso il suo pubblico, che era ancora in buona parte,analfabeta(qualche “superstite” forse ricorderà la trasmissione “Non è mai troppo tardi” del maestro A.Manzi..). In questa sua veste di maestra e divulgatrice,( egregia e rimpianta ahime!),consentì agli spettatori d'allora, di poter conoscere e gustare molte trasposizioni televisive di classici della letteratura italiana e mondiale.Nei palinsesti di quegli anni ,vi erano anche molte retrospettive, che permettevano di conoscere intere filmografie dei più grandi registi ed interpreti. Tra le tante, curate e commentate dall'ottimo Claudio G. Fava, seguii quella dedicata a Marlene Dietrich. Il ciclo fu inaugurato per l'appunto dal film l'Angelo Azzurro. Devo dunque alle opportunità offerte dalla televisione di quegli anni ,in qualche maniera, la nascita del mio amore per il cinema. Oggi rifletto sulla troppa “indulgenza” di cui ho goduto nella mia infanzia che mi ha permesso , di vedere un film come l'Angelo Azzurro certamente non adatto al mio essere bambina...eppure devo proprio allo shock emotivo che provocò in me la visione del film; la presa di coscienza dell'enorme e potente carica comunicativa che il linguaggio filmico ,e l'immagine in senso lato, potevano avere in assoluto. Peculiarità questa, pari se non superiore alla lettura ,che pure già frequentavo assiduamente. Contrariamente a molti bambini di quella generazione,non andavo sempre a dormire dopo Carosello, e la linea di demarcazione tracciata da quest'ultimo pensavo mi facesse entrare a pieno titolo, superandola d'abitudine, nel mondo degli adulti.
Ancora oggi,rivedendo questo film, provo una certa emozione mista ad un senso di angoscia. A dimostrazione di come le corde profonde del nostro io inconscio, quando sollecitate, possano lasciare tracce indelebili.
A quel film, ne seguirono tanti altri, e devo dire non meno “impegnativi”,se solo volessi considerare il versante emotivo,che non potevo ancora supportare con filtri adeguati, vista l'età. Ricordo per esempio, un ciclo dedicato a Ingmar Bergman...che impressione il Settimo sigillo!
Ma ormai la strada era tracciata, e da allora il cinema è una costante della mia vita . Arte sublime capace di far provare emozioni di una tale intensità ed immediatezza ,in qualche caso,per me, catartiche.
Ma tornando all'Angelo azzurro, che riveste dunque una grande importanza, per l'eredità che mi ha lasciato. Ho pensato di rendergli l'omaggio, meritato, di un' analisi approfondita.
Oggi, che ho qualche conoscenza in più, per decifrare, i motivi del grande impatto che ebbe su di me e non solo......


(continua)

domenica 29 marzo 2009

"Anch'io....Ponyo"!


Lo vogliamo dire. .meglio tardi che mai? Ecco, l'ho detto! Ho visto per la prima volta un film di Hayao Miyazaki :Ponyo sulla scogliera. Mai niente, prima di questo. Perchè? Perchè mi accompagnava un pregiudizio, che si nutriva di una mia viscerale antipatia per la cultura grafica dei vari anime e manga, nonché di quasi tutta la produzione “animata” giapponese che dagli anni 70 si è diffusa in Europa. Le mie radici culturali in questo senso, partono da Felix il gatto e Betty Boop fino alla ,dominante, targata “Disney forever”.. non c'era un gran margine dunque, che facesse sperare diversamente! Ma si sa(non è la prima volta che mi accade,fortunatamente)che il pregiudizio, non è facile da gestire in generale, e può col tempo, generare anche sensi di colpa pesantissimi. Ed i vari”Non conosci Miyazaki?? Non hai visto la Città incantata? Accompagnati da espressioni di chiarissima provenienza..rilevabili anche per via scritta..hanno fatto il resto! Allora: il film mi è piaciuto...abbastanza, a tratti molto. Ma sebbene la mia conoscenza del regista sia all'incipit, “d'impatto” non avrei gridato al capolavoro. Peraltro avevo un' aspettativa di maggiore “originalità” della storia e non saprei proprio dirvi il perchè. Quello che ho maggiormente apprezzato è stata la realizzazione naif ed artigianale dei disegni, la loro brillante resa cromatica, assolutamente funzionale al messaggio che il film trasmette. E tutti i volumi tondeggianti ed avvolgenti , che mi hanno fatto pensare ad uno sguardo a misura di bambino. Certo,quì e là, s'intravedevano degli elementi che ho percepito come “estranei” rispetto alla totalità del film:tipo la rappresentazione di Sasuke, che ad un tratto mi è sembrato divenire più che un bambino saggio ,un bambino “vecchio”; e l'improvvisa “irruzione” di problematiche relazionali tra la mamma ed il papà (lo scatto d'ira in cucina della mamma, per il mancato ritorno),figura quest'ultima,lasciata poi, troppo presto alla deriva.. Restano per ora, solo queste prime impressioni, che avranno bisogno di essere supportate dalla visione di altri film del regista. Mi appresto dunque ad un cammino a ritroso, per comprendere meglio questo maestro indubbio dell'animazione nipponica . Per il momento, il giudizio è parzialmente sospeso. Ah dimenticavo:


“Ponyo Ponyo Ponyo sakana no ko Aoi umi kara yatte kita Ponyo Ponyo Ponyo fukurannda Manmaru onaka no onna no ko ... “

venerdì 27 marzo 2009

Poeti della Marea

IV )


Fui un salmone blu
fui un cane,
fui un cervo
fui un cerbiatto sulla montagna
fui un tronco,
fui una spada,
fui un corno nelle mani di chi beve,
fui un germoglio che nasce,
per un anno e più,
fui un uccello bianco-maculato tra gli stormi di Eidin,
fui un agnello nel gregge,
fui un toro imbizzarrito,
fui il capro del mugnaio
fui colui che nutre.
Fui il grano screziato che cresce sopra una collina.
Sarò rapito, sarò covato,
sarò gettato dentro il fuoco,
sarò strappato dalla mano,
dal mucchio in cui vivo.
Un uccello dagli artigli rossi raspò là e mi inghiottì.
Fui trattenuto nove notti dentro il suo stretto corpo,
fui cresciuto nuovamente
fui bevuto prima di Guwledic.
Fui morto, fui vivo,
un ramo crebbe dentro di me,
fui fatto fermentare prima di essere pronto.
Una seconda volta mi inghiottirono,
il rosso-artigli mi allevò:si manifesta il raro,
un grande uomo è lodato.
Io sono Taliesin.



(Testi bardici gallesi dal VI al X secolo a cura di Francesco Benozzo Bologna, In forma di parole, 1998).


mercoledì 18 marzo 2009

Venezia



L'acqua della laguna, invita a ritrarsi, nei propri pensieri, in qualche angolo o cassetto nascosto che sappiamo di poter aprire , solo qualche volta. Perchè è li, disposto a farsi trovare,solo in occasioni speciali, ricercate. La sensazione è precisa ed insinuante come il sentimento che ti afferra inspiegabilmente durante il tragitto..sei sospesa ,muta; ascolti il canto di una sirena che ti invita a lasciarti trasportare da qualcosa di non ben definito , che trova però origine e senso ,nello stesso scorrere dell'acqua che si infrange sul battello per tornare a ricomporsi nella sua quieta ed immota eternità. Venezia è lì ad attenderti, posta su una linea dove il sempre e il mai non ha confine...accecante e trasparente, luce ed ombra. Microcosmo che contiene al suo interno infiniti mondi. Come le calli al suo interno, nelle quali è bello perdersi, per poi ritrovarsi, in un gioco di scatole cinesi che ti vede ,nuovamente protagonista.
Ma la misura del suo fascino risiede nel respiro del tempo, un tempo ritrovato, che forse proprio perchè ritrovato, non ha misura .E', da sempre . Nell' attesa d'esser ritrovato. E il silenzio , i volti della gente che ti guardano dritto negli occhi, ma proprio dritto, che sembra vadano oltre.. e tu qualche volta abbassi i tuoi in risposta.. è gente che scava con lo sguardo, eppure così discreta. Poi ci sono gli Altri, i”foresti”, orde di barbari predatori condanna senza appello per Venezia e i veneziani. Ma loro non fanno parte di quello che mi porterò dietro. Ci saranno ,invece,le “ciacole” scambiate a cuore aperto, i profumi, i gabbiani ed il suono delle campane al mattino, i tanti cani che vi risiedono amati dai loro padroni, le sere con il loro silenzio e le luci riflesse sull'acqua, il passo sicuro e veloce dei suoi abitanti, la musica l'arte la poesia.
Il tempo perduto e ritrovato ancora.


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“Venise”
Maglie sottili imbevute di specchi lacustri/
il sorriso d'una occasione vinta/
trasparente oro della notte/ Venezia

mercoledì 11 marzo 2009

"Senza commento"

Riporto paripari una vignetta di Natangelo, che unica ,è riuscita oggi a strapparmi un sorriso, sia pure amaro..

domenica 8 marzo 2009

"8 Marzo"

A tutte le donne e ...a tutti gli uomini che, ne condividono il cammino, non sempre facile.

sabato 7 marzo 2009

7-3-1999 7-3-2009

Stanley Kubrick

2001 Odissea nello spazio,Il Film ,l'esperienza Cinema assoluta,per me.

giovedì 5 marzo 2009

The Reader **** Revolutionary Road




                                                         “Un'attrice..due film: Kate Winslett

Due film , due romanzi (A voce alta “Der vorleser”in tedesco, di Bernhard Schlink e Revolutionary Road di Richard Yates). Un'attrice in forma strepitosa. Nel primo film ,ambientato nella Germania nazista ,partendo però dai giorni nostri ;si tratta della storia d’amore,tra la matura Hanna (la Winslet)e l'adolescente Michael (David Kross/Ralph Fiennes)che inevitabilmente, nel suo svolgersi ,pone il problema sul post nazismo e l’Olocausto affrontato da quella generazione di tedeschi .Oltre ,alla gestione del senso di colpa che ne è derivata. Hanna,nasconde un segreto ,che manterrà ,per vergogna,fino ad estreme conseguenze ;spingendola ad assumersi una responsabilità che la renderà capro espiatorio al posto di altre imputate.Il suo crimine,è visto nel film in maniera ambivalente: evidenziando da un lato la parziale inconsapevolezza, e quindi l'umanità che ne consegue, offrendolo poi alla comprensione degli spettatori ,mentre dall'altro lo si condanna ,nettamente, nei “fatti “. Il film percorre questa linea ,a cavallo tra le due posizioni , ponendo molti interrogativi di natura etica e giuridica ;anche per bocca del professore universitario di Michael(Bruno Ganz).Da un lato ,la vergogna per il suo segreto, sarà così forte , da determinare l'offuscamento di qualunque capacità razionale, e la conseguente condanna .
Dall'altro, anni dopo,Michael , prova forse una parallela vergogna per aver amato colei che verrà giudicata una criminale .Tormentandosi , nel dubbio e nel risentimento, per essere “forse “stato usato ,pensando che era stato contrabbandato per amore ,solo il desiderio d' aiuto di Hanna ,attraverso le sue performances di “lettore.” La carenza di H., diventa metafora di un intero popolo che, in quanto mancante di uno strumento interpretativo fondamentale,così come la protagonista ,non riesce a capire, non riesce a leggere la realtà, subendola tragicamente. Il film parte fiacco e prosegue per buona parte in maniera fredda e asettica, riuscendo a riscaldarsi solo a partire dal processo.
Michael(un' ancor slavato Ralph Fiennes), in un alternarsi tormentato di rimozione e riavvicinamento al passato che Hanna rappresenta;cerca di mediare al suo dilemma ,che è già divenuto ormai ,condanna definitiva;con l'invio tardivo di alcune cassette . Ma non reggerà al confronto diretto con lei in prigione, anche se le prometterà di aiutarla per il suo reinserimento . Sopravviverà alla fine,solo, il suo rimorso.
Dell' ottima prova della Winslett testimonia l'Oscar ricevuto, che non mi vede d'accordo però rispetto all'interpretazione di Revolutionary Road. Il film gli deve tantissimo, sicuramente è solo suo ,il merito della commozione che tocca il cuore in molte scene, soprattutto nell'ultima parte. Vorrei spendere due parole in favore del giovanissimo interprete di Michael da giovane, David Kross . Possibile che nessuno abbia rilevato quanto è bravo? O bisogna ignorare chi non è risucchiato dal dorato mondo di Hollywood? Nota di demerito al trucco della Winslett da “anziana”, semplicemente terrificante! Che bisogno c'era di una simile mascherata?! Toccanti le scene della” prova testimoniale” durante il processo , e lo struggente tentativo di lettura in carcere, fino allo straniante incontro finale..

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Il secondo film, tanto per toglierci subito il pensiero, mi è piaciuto infinitamente più del primo .E mi porterà ,anche ,a leggere il romanzo da cui è tratto (di Richard Yates). Vorrei gridare al capolavoro.. : ma,perchè vorrei? Lo dico, per me è un capolavoro.
Non nascondo di avere una preferenza verso film che indagano sulle psicologie relazionali e che spesso esprimono tematiche e domande universalmente applicabili. E credo che di questo,troverò conferma nel libro a cui il film, pare, sia “fedelmente” aderente.
Well... Frank ed April si conoscono una sera a Manhattan si piacciono sono giovani ,con sogni e progetti sul futuro,nell'America degli anni 50 . Li ritroviamo sposati con figli ,anni dopo nella periferia suburbana di una cittadina del Connecticut . In una casa tutta luminosa , con giardino e zampilli allegri ,e vicini a modo ,e sabati sera e pasticcini e bla bla in via udite udite..manco a dirlo ,Revolutionary Road! E qui inizia lo spettacolo.
Dapprima conosciamo Frank che viene introdotto inquadrato e incasellato tra la folla di pendolari della city, ma non è Broadway,anche se c'è Nat King Cole in sottofondo. C'è il destino ,forse, che lo vuole impiegato nella stessa azienda del defunto genitore , poco pù di un nome nel casellario, a dispetto del genitore che, neanche quello...Abbandonata del tutto ,la ricerca di qualcosa di più, “qualcosa che faccia sentire le cose ,veramente”. April invece deposte con sforzo le velleità d'attrice , assolve al ruolo di moglie e madre solo nella certezza, che non può finire così, perchè Loro sono diversi, tutti lo riconoscono, sono i giovani brillanti e diversi Weelher. Ma ecco ,quello che li salverà ,“dal vuoto disperato della vita qui”. L'Altro indefinito, la possibilità di una vita diversa ,che si chiama Parigi. April testardamente insegue la sua ancora di salvezza, misurando la distanza che sente di avere con gli amici e i vicini. Ma Frank vacilla sotto le insidie di una promozione sul lavoro e soprattutto alla notizia inaspettata e rivelatrice ,di una nuova gravidanza.
In un crescendo inanellato di tradimenti , scenate e rancori sopiti , Frank e April s'incamminano sempre più verso una verità dolorosissima ed ineluttabile che vede sgretolare l'impalcatura fasulla delle loro esistenze. E se April si spende negli ultimi tentativi ,con discorsi di maniera,in cui forse neanche lei crede più fino in fondo:”Il patto iniziale tra di noi era la verità. Sai che c'è di bello nella verità?Tutti sanno qual'è ,per quanto a lungo ne abbiano vissuto senza.Nessuno dimentica la verità, si diventa solo più bravi a mentire”.Frank intanto, già si protegge ,trincerandosi dietro frasi come
questa :”Non la chiamo felicità..ma in fondo ho una spina dorsale per aver provveduto a te e alle vostre necessità..”
La musica iterativa di T. Newman che accompagna tutte le anse e le tortuosità roventi del rapporto fino all'abisso finale è emotivamente dirompente. Sarà John il figlio della chiacchierona Helen (bravissima Katy Bates)(uno straordinario ed incisivo Michael Shannon), in uscita da un 'ospedale psichiatrico ; a fornire ancora una volta nella storia ,l'ultima randellata ,con le sue parole: “Il denaro, non è quasi mai la vera ragione -per quanto buona- dopo che si è avuto il coraggio di “vedere” la disperazione..probabilmente l'avrà fatto apposta ad ingravidarti, per non dover mai scoprire di che pasta è fatto...ma forse vi meritate l'un l'altro, e quasi mi fa pena anche lui per come ti sei ridotta...deve renderti la vita un calvario, se fare bambini è l'unico modo per provare che ha un paio di coglioni.. Anch'io non ho di che essere felice, ma sono contento di non essere quel bambino..”.
Il film chiude con la tragica consapevolezza che prende atto di una diversità che non c'è mai stata .Come uno specchio che riflette la propria mediocrità in quella degli altri ,e come tale ,costituisce una gabbia dalla quale difficilmente si potrà fuggire .
Un film perfetto. Due interpreti Leonardo Di Caprio e la Winslett in magica sintonia .Una fotografia accorta al gioco di luci ed ombre (simboliche nella vita come nelle scenografie ) sia degli esterni che degli interni, davvero un gran film e di certo quello per cui la Winslett meritava maggiormente l'Oscar.
Assolutamente da vedere.



The Reader (A voce alta) di Stephen Daldry.
Revolutionary Road di Sam Mendes.

sabato 28 febbraio 2009

Il curioso caso di Benjamin Button




 Da un racconto di Scott Fitzgerald ampiamente rimaneggiato e rimpolpato , la storia di Benjamin Button nato vecchio e destinato a morire neonato. Gli incontri ,gli amori ,vissuti nella specialità di una vita che scorre al contrario. Un'America filtrata oniricamente dalla fotografia con toni seppia della New Orleans anni 30 fino alla vividezza dei colori di un pc che monitora l'approssimarsi dell'uragano Katrina..
Circa 3ore,per prendere tutto il tempo necessario ad assecondare il fluire di una vita che vede B. protagonista e spettatore di se stesso e delle circostanze che lo individuano..e tante figure che come personaggi di una giostra ,incantano ed affabulano. La madre adottiva Queenie ,(Taraji P.Henson)accogliente e rigeneratrice, il Capitano Mike (Jared Harris) maestro di vita , Elizabeth Abbott(Tilda Swinton)il primo incontro con una donna..e ..l'Amore ,nato inseguito, e vissuto nel breve incrocio della maturità ,con Daisy (Cate Blanchett). La stessa Daisy, morente ,che da inizio al lungo fashback ,che vede leggere il diario di B. dalla figlia Caroline ,con la voce narrante dello stesso protagonista!

Per la capacità visionaria mi ha ricordato BigFish e in qualche spunto anche Un'altra Giovinezza di F.F.Coppola. Ecco uno di quei film dai quali bisogna lasciarsi portare.. perchè il suo valore sta principalmente, nell'assecondare questa chiave emotivo-temporale. Le riflessioni filosofiche sul tempo, sul peso della memoria, sulla caducità e il valore di talune esperienze umane lasceranno il posto ad una quieta ma non per questo meno struggente “misura”finale del senso dell'esistenza umana.
Ho trovato perfetta Cate Blanchett, una delle attrici più “luminose” che ci siano .(Devo ritornare con la memoria a Ingrid Bergman per ritrovare una simile caratteristica). E straordinaria Tilda Swinton(è il caso di dirlo!).Brad Pitt è bravo, seppure con il “peso “degli effetti speciali. Molto bella ed accurata la colonna sonora di Alexandre Desplat. Ed anche la fotografia di Claudio Miranda(si direbbe italiano..).Due scene negli occhi e nel cuore: quella del ballo di Daisy, e la morte di Benjamin tra le sue braccia..Un film da vedere,non mancheranno le discussioni..

La Duchessa



(The Duchess).


Sotto il vestito poco(o niente) verrebbe da dire, parafrasando un altro film.Un film insincero, che ammicca in maniera fastidiosa all'oggi e ai richiami delle cronache di Lady Diana Spencer, di cui Georgiana Spencer era ava. Non risulta dunque operazione credibile nel suo contesto,(e non solo),risultando priva di autonomia stilistica e onestà intellettuale.Keira Knightley in una recitazione tutta ritenuta, vorrebbe essere da sola il fulcro del film, ma vi riesce solo a tratti attraverso la sua ossuta magrezza. Ralph Fiennes piuttosto incolore, si salva Hayley Atwell, la rivale Lady Foster e la sempre brava Charlotte Rampling, madre di Georgiana. Restano oltre alla disperante solitudine della duchessa, i bei paesaggi, le sfarzose scenografie, i bellissimi costumi, la fotografia.. sotto il vestito niente,appunto.Un film di Saul Dibb.

sabato 14 febbraio 2009

Ti amerò sempre


(Il y a longtemps que je t'aime)Un altro esordio alla regia da parte di uno scrittore affermato :Philippe Claudel.
Ma non è il rapporto tra scrittura e cinema che mi ha interessato in questo film; sebbene il film abbia molto a che fare con la resa cinematografica di una scrittura “molto letteraria”. L'interesse risiede principalmente, nell'interpretazione che da Kristin Scott Thomas della protagonista Juliette.
Non ho visto molti film della K.S.T. , ma da 4Matrimoni e un funerale in poi, ha catturato sempre più il mio interesse di spettatrice.E credo che con questa interpretazione abbia toccato e raggiunto un punto molto alto della sua carriera. Il film narra di un ritorno alla vita dopo 15 anni di prigione per omicidio.Ci racconta del rapporto interrotto di Juliette con sua sorella Léa, che si occuperà furiosamente e teneramente del suo “ritorno”.
Ed anche del rapporto con i genitori, della maternità, della coppia nel matrimonio; ma soprattutto di ciò che “appare”delle persone. Dei pregiudizi insiti in ognuno di noi ,delle apparenze che celano quasi sempre un nucleo doloroso della nostra esperienza , con cui tutti abbiamo ,una resa dei conti ,nel corso della vita.
Nel film sono gli occhi di Juliette/Kristin a parlare, accompagnati dalla sua fisicità che dapprima avulsa da tutto ciò che la circonda lentamente si disgela aprendosi agli altri e alla vita. Sono gli sguardi ,quelli scambiati con Lèa , quelli col capitano Fauré intimamente solidali, eppure troppo reticenti per essere risolutivi. Quelli con Michel intuitivi e pieni di comprensione da risultare liberatori. Su tutti indaga con sapienza la macchina da presa in maniera accorta, partecipe ed efficace tanto da ricordare una regista a me cara ,Susanne Bier.
Tutta la sofferta dinamica del lento riappropriarsi della vita viene resa stupendamente dalla T. con una attenzione alle sfumature ,ai passaggi di tono, straordinarie. Sicuramente notevole la capacità di reggere dei primi piani strettissimi(peraltro struccata), che avrebbero fatto rabbrividire molte attrici consumate.
Per altro, il film recupera e rivendica dei tempi letterari , nella sceneggiatura(dello stesso Claudel), per filmare i passaggi dell'evoluzione di Juliette. E a parte qualche ingenuità superflua (il sermone di Léa sulla verità e Dostoewsky..) e qualcuna invece simpatica sul cinema e Rohmer: (“ma perchè i Parigini ce l'hanno spesso con Parigi?”), che si lascia però perdonare; il film corre sicuro verso il finale.
Questultimo,sarà perchè atteso insieme all'interrogativo cruciale ,per tutto il film: sceglie la via forse più semplice, quella cioè ,della rivelazione che tutto ricompone.
Forse mi sarebbe piaciuta una soluzione più aperta e meno ovvia.
Il film ,resta comunque una visione ,di quelle che ti sollecitano mille pensieri e riflessioni, e già con questo, assolve ad una funzione che ,quando si realizza;ti fa sentire all'uscita del cinema più soddisfatta....Azzardo:
più ricca.
Da vedere
P.S.: E' solo un'intuizione;ma credo che il doppiaggio non abbia reso un grande servizio ai dialoghi...aspetto il dvd per vederlo in v.o.

martedì 10 febbraio 2009

Cos'é lo "SCEC".

Per maggiori informazioni, vedere il sito in coda al filmato.

La sede dell'associazione Masaniello è a Napoli in Salita Tarsia.

Ancora sul signoraggio..contributo Napoletano!

Dall'ultimo spettacolo di B.Grillo ,una testimonianza napoletana sul signoraggio e sullo "SCEC."

lunedì 2 febbraio 2009

Figli e comunicazione

E' questa l'unica modalità in cui si esprime la comunicazione genitori- figli, oggi? E' possibile creare un dialogo, quando c'è un rifiuto totale del medesimo? E' possibile comunicare,sulla base di un terreno condiviso,che non c'è?. . E neppure si vuol cercare?

domenica 1 febbraio 2009

Appaloosa

( Come ti riscrivo il western )

Ed Harris regista ed interprete insieme a Viggo Mortensen, Renée Zellweger e Jeremy Irons ci propone una interessante rilettura del genere western.
Tratto da un romanzo di Robert B.Parker completamente riscritto dallo stesso Harris con Robert Knott.
Virgil Cole(Ed Harris)e Everett Hitch(Viggo Mortensen) due “pacificatori,”tanto diversi quanto complementari, portano in giro per il West, con fare missionario, la loro opera di difensori della legge. Giungeranno ad Appaloosa (polverosa cittadina di frontiera del New Mexico), assoldati per ristabilire l'ordine ,contro il vilain di turno Randall Brag(Jeremy Irons). Nella cittadina giungerà poi Allison French(Renée Zellweger ) che diverrà ben presto per Virgil ,“Allie”.Determinando una serie di eventi che porteranno i due amici a...
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Il film parte secco e asciutto introdotto dall'incipit della voce fuori campo di Virgil ,che ci introduce senza fronzoli, all'essenzialità della vicenda. . Così ad indicare,da subito, la cornice rigorosa, entro la quale si muoveranno i protagonisti. Tutti i topoi del genere sono rispettati, e un omaggio alla tradizione,si intuisce anche,nella cura delle scenografie e nei paesaggi splendidamente fotografati, dei campi lunghi. Ma seppure all'interno della cornice tradizionale, il film procedendo, osa poi delle suggestioni che si allontanano da questa. E si nota come, a partire dalla psicologia dei personaggi principali, tutto abbia un taglio obliquo , ironico, che suggerisce appunto un approfondimento “moderno.” Merito soprattutto della sceneggiatura di cui si diceva all'inizio. Vediamo dunque i due amici vivere un rapporto di mutuo soccorso,( enfatizzato dalla recitazione fatta di sguardi e monossilabi del “vice” Everett)che di poco o nulla abbisogna . Ed ancora lo “sceriffo” Virgil eroe per la tradizione,al quale invece, qui:“mancheranno letteralmente le parole”; suggerite prontamente,da Everett.
Il tutto condito da una misoginia , neanche tanto velata,(vedi “l'abbraccio”-citazione nel saloon, che salva Harris dalla rissa)che è però,dato il contesto temporale,solo antropologica nello sguardo . Infatti le donne, sono poche , e con ruoli molto precisi (cameriere o puttane). Neanche il cattivo Brag, resta del tutto fedele al suo compito di cattivo tradizionale, trasformandosi e piegandosi, come la società che va evolvendosi. Solo Allie , nasce da subito, in una veste più originale e moderna, con il suo status di donna sola e indipendente. Ed anche se finirà per “accasarsi”, lo fa scegliendosi tra i tanti, il maschio dominante(come suggerisce Everett). Anche qui, ritroviamo l'ironia unita al distacco di uno sguardo quasi antropologico.. alla fine, l'eroe risulterà essere con una scelta coerente con i valori della tradizione, proprio Everett ; che era sembrato all'inizio ,quello da cui aspettarsi più sorprese..
Harris e Mortensen sono bravissimi, in special modo M. che non mi delude quasi mai. Tra l'altro si ripropongono come coppia rodata dopo History of violence. Irons incolore, e ultimamente in caduta libera. E la Zellweger : che dire?
Ha una sola espressione; occhi strizzati sorrisino perenne e birignao a gogò. Anche se il ruolo si prestava proprio a questo..non risulta credibile per tanto fascino..
Carinissimi i titoli di coda.
Gradevole ed encomiabile come tentativo di rilettura.
Per gli appassionati del western comunque.

"Manifesto dei diritti della terra"

Lettera del capo Pellirossa Capriolo Zoppo al presidente degli Stati Uniti Franklin Pirce del 1854. Un documento di straordinaria profondità, e quanto mai attuale.

domenica 25 gennaio 2009

Buon Compleanno

Oggi Giorgio Gaber compie 70 anni: vivo nel cuore e nella mente di tutti quelli che lo amano.

giovedì 22 gennaio 2009

Vuoti a rendere(Empties)



Vuoti a rendere. (Empties)
Ultimo atto della trilogia sulla vita, del regista Jan Sveràk, in tandem col padre sceneggiatore/attore Zdnek Sveràk. Trilogia iniziata negli anni 90 con Scuola elementare che esplorava l'infanzia(candidato agli oscar1992);proseguita con Kolija(premio oscar 1996) che trattava l'età adulta,e che si chiude nella terza età, con Empties .Un film tenero, semplice, garbato ed ironico. Ci racconta di Joseph “Pepa”,professore prossimo alla pensione, che stanco ed infelice nel rapporto con i suoi alunni,ormai estranei, decide di lasciare l'insegnamento(gustosa l'allusione della spugna strizzata,che anticipa il“gettarla”concretamente!) . Malgrado le rimostranze della moglie Eliska, (Daniela Kolarova)frustrata da un rapporto in cui si sente trascurata e, affatto disponibile alle sue bizzarie esistenziali; Pepa inizia la ricerca di una nuova occupazione. Sullo sfondo, di una Praga ora malinconica e innevata,ora dinamica e sfuggente, ma comunque affascinante:Pepa dopo una disastrosa esperienza come poni-express in bicicletta;approda al banco dei vuoti a rendere di un supermercato. Da questo osservatorio di varia umanità,a cominciare dai colleghi “Parlantina” e “Spiaccichino”;inizierà con contagioso entusiamo, a “riposizionare” nella sfera dell'umana gioia di vivere ,le persone attorno a lui. Assimilate ai “vuoti”a rendere di cui si occupa, in una sorta di nuovo e coinvolgemente impegno didattico . Muovendosi in maniera comica e maldestra, ma sempre autenticamente partecipe, riuscirà a suscitare negli altri il desiderio di sentirsi ancora nella partita della vita. Includendo anche la figlia Helena,e spingendosi poi,fino al politically incorrect, quando solidarizza con l'ex genero- traditore. Il desiderio ,(elemento chiave),con cui P. gioca,e da cui è animato, si esprime anche nella sue accezioni più terrene: che vanno dai sogni erotici, al maldestro tentativo di un'avventura extraconiugale. Desiderio ,che ritroviamo come senso e giustificazione ultima che la vita ha in se:anche nelle sequenze dei primi piani di un vasetto di marmellata tra le mani, o nel sole che filtra tra le trasparenze muliebri, di giovani avventrici . Lo sguardo del regista segue tutto,con semplicità e verosimiglianza tale, da potercisi riconoscere un pò tutti.Pepa riuscirà infine ,anche a riscattarsi agli occhi di Eliska,dopo un salutare e vivificante sentimento di gelosia. Una mongolfiera, sancirà al di la dei simboli, una nuova stagione per la coppia...
Un film per riaffermare dunque, che la partita non è chiusa,(contro le convenzioni sociali ed anagrafiche);quando si è spinti dal desiderio di continuare a giocare.
Delizioso il siparietto finale, dopo i titoli di coda, non perdetelo!
Bravi i due protagonisti, già rodati nei precedenti due capitoli.
Lo consiglio ai miei amici Pippo e Paola e …...
quando uscirà in dvd ,al mio amico Dirk.

venerdì 16 gennaio 2009



Un matrimonio all'inglese Easy Virtue
Negli ultimi mesi, affollano il grande schermo, un gran numero di films di registi inglesi ed australiani. A testimoniare una nuova rinascita della cinematografia inglese,(vedi l'ultimo Torino film fest.)e una felice crescita di quella australiana.
Per l'Australia segnalo il ritorno di Stephan Elliott (regista di Priscilla regina del deserto) alla regia di un film tutto inglese, tratto da un lavoro teatrale di Noel Coward. Solita infelice traduzione del titolo ,al posto del più appropriato Fragile Virtù ,già portato sugli schermi da Hitchcock ai tempi del muto.
La trama ci racconta di John Witthaker (Ben Barnes)giovane rampollo di buona famiglia inglese, che nei primi anni 30 incontra a Parigi una giovane e disinibita americana, Larita (Jessica Biel), che subito sposa . John porta Larita a conoscere la sua famiglia , che vive in una sfarzosa residenza della campagna inglese.
Si ripropone il classico incontro-scontro tra suocera e nuora, che poi è anche ,evidentemente ,lo scontro tra due mondi e due epoche. Ad eccezione del suocero Jim(Colin Firth), l'accoglienza della suocera Veronica(Kristin Scott Thomas)e delle sorelle Hilda e Marion non potrebbe essere più gelidamente ostile.Si dispiegano tutte le armi e i trucchi per difendere, quanto si teme in pericolo per la sua venuta.
Da un lato,la famiglia Witthaker:cristallizzata, nel farsi custode della tradizione così come di tutte le ipocrisie ,ritualità , bigottismi sessuali retaggio dell'epoca vittoriana e di un secolo ormai passato. Ma ostinata a difendere tutto questo, a dispetto della realtà ,che vuole la proprietà e quindi la famiglia stessa ,gravata dai debiti e prossima al tracollo. Dall'altra :l'energica e vitale Larita, che porta il vento del modernismo di un secolo pieno di fermenti: dall'amore per le macchine e i motori, al disinvolto e libertario atteggiamento nell'abbigliamento così come nell'amore, e finanche nella scelta del cibo. Tutto complotta contro l'americana e l'indecisione del figlio/marito John. Solidali si mostrano invece la servitù e Jim. Quest'ultimo infatti, viene scosso dall'annichilimento in cui era piombato dopo il ritorno dalla guerra, proprio dall'energia vitale e senza ipocrisie di Larita. Naturalmente le battute di raffinato umorismo sono disseminate in tutto il film, che ha tempi perfetti, contrappuntati da una colonna sonora ,(per lo più jazz), che va oltre il suo compito,diventando essa stessa sceneggiatura che suggerisce ed evoca la carica destabilizzatrice del periodo, e di cui è portatrice Larita.
Tanti i momenti esilaranti : da quello del can can, all'episodio “nero” della cagnolina , all'apoteosi dell'ingresso in casa di un quadro “di un giovane spagnolo”(cubista!).
Dispiace solo che in tanta perfezione, non si approfondiscano un pò di più le “motivazioni” dei personaggi chiave: Veronica e la stessa Larita. Della prima capiamo qualcosa di più, solo nella parte finale e di Larita si sfiorano solo momenti del suo passato, con molto pudore.Il che, fa qualche volta cedere alla tentazione, di considerare il film come un esercizio di stile un po' “freddo”. Altra piccola(?) pecca, è quella di un Colin Firth fuori parte, vista ,se non altro ,la giovane -improbabile- età come suocero.
Ma la vera rivelazione, l'asso nella manica, colei che “scalda” tutto il film:è Jessica Biel. Perfetta nel ruolo di Larita; straripante di energia ,e capace di trasmettere tutto il prezzo, che la libertà all'epoca, chiedeva ad una donna . Ad ogni inquadratura ,del corpo statuario e straordinariamente “comunicativo,” la platea di maschietti registrava un sussulto. Splendida nella scena del tango e quando ,dopo aver tollerato la miriade di “esseri” imbalsamati nella villa, distrugge la statua che riproduce la venere di Milo;ultimo simbolo del passato. Splendida anche Kristin Scott Thomas, classe e talento unite. Strepitoso il maggiordomo Jackson , very British! E la cana...
ancora una nota di merito alla Biel che si è dimostrata anche brava cantante nella colonna sonora.
Cosa volere di più?
Da vedere

giovedì 15 gennaio 2009

L'Ospite Inatteso





L'Ospite InattesoThe Visitor
Non un film sulla tolleranza,(parola odiosa) come qualcuno ha detto, ma sulla solidarietà, sull'incontro con l'Altro, su un ritrovato , autentico, senso della vita. Un professore universitario di economia si trascina la vita,ormai anestetizzata dalla routine, dopo la morte della moglie pianista.Il caso lo porta a New York per un convegno. Qui nel suo appartamento,(a sua insaputa illegalmente occupato), conoscerà Tarek e Zainab una coppia di clandestini provenienti dalla Siria e dal Senegal, che vivono di musica l'uno (suona il djambe)e vendendo gioielli etnici di sua creazione,l'altra.
Sullo sfondo di una America ostaggio delle sue paure dopo l'11 settembre, dove le espulsioni sono diventate la norma insensata e crudele, il più delle volte. Il rapporto tra Walter Vale(Richard Jenkins)e la coppia, apre una breccia nella vita del professore. Tarek insegnerà a Walter a suonare il tamburo, sulle note di Fela Kuti. E come le sue mani, anche il suo cuore ritroverà un nuovo battito.
Ma un giorno Tarek viene arrestato....
Bel film , profondo e delicato allo stesso tempo, che tratta con maestria tutte le sfumature dell'animo quando si apre con autenticità all'altro. Tutti bravi gli interpreti,ma merita la sottolinetura
Richard Jenkins, il professore.
Intensa anche Hiam Abbass “Mouna”che proviene dall'ultimo Albero di limoni.
Da vedere
Un film di Thomas McCarthy




mercoledì 14 gennaio 2009


MACHAN
Presentato alle “Giornate degli Autori” di Venezia 2008(dove è stato premiato) approda ora in dvd dopo l'-usuale -cattiva distribuzione nelle sale, il film dell'esordiente regista Uberto Pasolini.Nessuna parentela con il più famoso predecessore, ma un trascorso da produttore internazionale di successo con Full Monty, Palookaville ed I Vestiti nuovi dell'imperatore. Nipote invece, del grande Luchino Visconti: come dire, un destino segnato..
Ed ancora un caso di “nomadismo cinematografico”(espressione coniata da M.Muller) come ebbi già modo di dire per Pa-Ra-Da di Pontecorvo e La terra degli uomini rossi di Bechis.
In questo, più ancora che nei due citati, c'è però il significativo coinvolgimento nella sceneggiatura, casting e produzione, delle figure più rappresentative della cinematografia dello Sri Lanka. Sarà per questo che il film è stato sentito come un” Loro” film ,e non come un film raccontato dall'esterno.
E di Sri Lanka si parla, di immigrazione soprattutto,in questo paese perennemente devastato dalle divisioni etniche e religiose quanto dalle politiche disgraziate dei governi avvicendatisi negli ultimi anni.Si prende spunto da una storia realmente accaduta: un nutrito gruppo di cingalesi per riuscire ad ottenere il visto d'espatrio,(puntualmente negato in questo paese)e fuggire da una vita ai limiti dell'indigenza, s'inventa con tutte le risorse che può suggerire lo stato di necessità ma non solo..,di essere la nazionale di pallamano Cingalese (sport neanche conosciuto in Sri Lanka).Mettendo in opera tutte le più fantasiose strategie , e con la complicità di due poliziotti;l'iniziale gruppo capitanato da Manoj e Stanley , gli ideatori dello stratagemma, s'ingrossa rapidamente fino a raggiungere il numero di 23 persone.
Una umanità raccolta soprattutto nelle baraccopoli di Colombo, ognuna con le sue storie, i suoi problemi, magari solo tratteggiati, visto il cospicuo numero di personaggi, ma tutti uniti da una profonda dignità ed in cerca solo di una possibilità negata. Malgrado la realtà drammatica, tutto è seguito con leggerezza e con i toni della commedia, agrodolce ,ma pur sempre commedia. I non attori, nella maggior parte, rappresentano se stessi ,e questo contribuisce in maniera determinante a conferire quella autenticità, quella umanità solidale , che oltre alla simpatia li carica tanto di verità.
Per esperienza personale conosco la realtà dei Cingalesi in particolare dei clandestini, che vantano nella mia città ,Napoli, la seconda comunità d'Italia. E so quindi ,di come siano costretti dal governo del loro paese a queste soluzioni “estreme”.I 23 che compongono la squadra, raggiungeranno il loro obiettivo, volare in Germania per disputare le gare,ed avere un lasciapassare per la libertà. Ma dovranno prima, affrontare una partita risolutiva......

Il film offre siparietti che strappano la risata, ma mai disgiunta da una malinconica, e a volte struggente riflessione;su chi è costretto a vivere l'esperienza di uno sradicamento forzato. Un film credo onesto, molto gradevole e ben girato.
Ma tutto il resto, e non è poco, lo fanno gli sguardi e gli occhi dei protagonisti.
Da vedere.


Produttore :Prasanna Vithanage, Sceneggiatrice e autrice: Ruwanthie De Chickera .Attrice :Damayanthi Fonseca Regia: Uberto Pasolini