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sabato 28 febbraio 2009

Il curioso caso di Benjamin Button




 Da un racconto di Scott Fitzgerald ampiamente rimaneggiato e rimpolpato , la storia di Benjamin Button nato vecchio e destinato a morire neonato. Gli incontri ,gli amori ,vissuti nella specialità di una vita che scorre al contrario. Un'America filtrata oniricamente dalla fotografia con toni seppia della New Orleans anni 30 fino alla vividezza dei colori di un pc che monitora l'approssimarsi dell'uragano Katrina..
Circa 3ore,per prendere tutto il tempo necessario ad assecondare il fluire di una vita che vede B. protagonista e spettatore di se stesso e delle circostanze che lo individuano..e tante figure che come personaggi di una giostra ,incantano ed affabulano. La madre adottiva Queenie ,(Taraji P.Henson)accogliente e rigeneratrice, il Capitano Mike (Jared Harris) maestro di vita , Elizabeth Abbott(Tilda Swinton)il primo incontro con una donna..e ..l'Amore ,nato inseguito, e vissuto nel breve incrocio della maturità ,con Daisy (Cate Blanchett). La stessa Daisy, morente ,che da inizio al lungo fashback ,che vede leggere il diario di B. dalla figlia Caroline ,con la voce narrante dello stesso protagonista!

Per la capacità visionaria mi ha ricordato BigFish e in qualche spunto anche Un'altra Giovinezza di F.F.Coppola. Ecco uno di quei film dai quali bisogna lasciarsi portare.. perchè il suo valore sta principalmente, nell'assecondare questa chiave emotivo-temporale. Le riflessioni filosofiche sul tempo, sul peso della memoria, sulla caducità e il valore di talune esperienze umane lasceranno il posto ad una quieta ma non per questo meno struggente “misura”finale del senso dell'esistenza umana.
Ho trovato perfetta Cate Blanchett, una delle attrici più “luminose” che ci siano .(Devo ritornare con la memoria a Ingrid Bergman per ritrovare una simile caratteristica). E straordinaria Tilda Swinton(è il caso di dirlo!).Brad Pitt è bravo, seppure con il “peso “degli effetti speciali. Molto bella ed accurata la colonna sonora di Alexandre Desplat. Ed anche la fotografia di Claudio Miranda(si direbbe italiano..).Due scene negli occhi e nel cuore: quella del ballo di Daisy, e la morte di Benjamin tra le sue braccia..Un film da vedere,non mancheranno le discussioni..

La Duchessa



(The Duchess).


Sotto il vestito poco(o niente) verrebbe da dire, parafrasando un altro film.Un film insincero, che ammicca in maniera fastidiosa all'oggi e ai richiami delle cronache di Lady Diana Spencer, di cui Georgiana Spencer era ava. Non risulta dunque operazione credibile nel suo contesto,(e non solo),risultando priva di autonomia stilistica e onestà intellettuale.Keira Knightley in una recitazione tutta ritenuta, vorrebbe essere da sola il fulcro del film, ma vi riesce solo a tratti attraverso la sua ossuta magrezza. Ralph Fiennes piuttosto incolore, si salva Hayley Atwell, la rivale Lady Foster e la sempre brava Charlotte Rampling, madre di Georgiana. Restano oltre alla disperante solitudine della duchessa, i bei paesaggi, le sfarzose scenografie, i bellissimi costumi, la fotografia.. sotto il vestito niente,appunto.Un film di Saul Dibb.

sabato 14 febbraio 2009

Ti amerò sempre


(Il y a longtemps que je t'aime)Un altro esordio alla regia da parte di uno scrittore affermato :Philippe Claudel.
Ma non è il rapporto tra scrittura e cinema che mi ha interessato in questo film; sebbene il film abbia molto a che fare con la resa cinematografica di una scrittura “molto letteraria”. L'interesse risiede principalmente, nell'interpretazione che da Kristin Scott Thomas della protagonista Juliette.
Non ho visto molti film della K.S.T. , ma da 4Matrimoni e un funerale in poi, ha catturato sempre più il mio interesse di spettatrice.E credo che con questa interpretazione abbia toccato e raggiunto un punto molto alto della sua carriera. Il film narra di un ritorno alla vita dopo 15 anni di prigione per omicidio.Ci racconta del rapporto interrotto di Juliette con sua sorella Léa, che si occuperà furiosamente e teneramente del suo “ritorno”.
Ed anche del rapporto con i genitori, della maternità, della coppia nel matrimonio; ma soprattutto di ciò che “appare”delle persone. Dei pregiudizi insiti in ognuno di noi ,delle apparenze che celano quasi sempre un nucleo doloroso della nostra esperienza , con cui tutti abbiamo ,una resa dei conti ,nel corso della vita.
Nel film sono gli occhi di Juliette/Kristin a parlare, accompagnati dalla sua fisicità che dapprima avulsa da tutto ciò che la circonda lentamente si disgela aprendosi agli altri e alla vita. Sono gli sguardi ,quelli scambiati con Lèa , quelli col capitano Fauré intimamente solidali, eppure troppo reticenti per essere risolutivi. Quelli con Michel intuitivi e pieni di comprensione da risultare liberatori. Su tutti indaga con sapienza la macchina da presa in maniera accorta, partecipe ed efficace tanto da ricordare una regista a me cara ,Susanne Bier.
Tutta la sofferta dinamica del lento riappropriarsi della vita viene resa stupendamente dalla T. con una attenzione alle sfumature ,ai passaggi di tono, straordinarie. Sicuramente notevole la capacità di reggere dei primi piani strettissimi(peraltro struccata), che avrebbero fatto rabbrividire molte attrici consumate.
Per altro, il film recupera e rivendica dei tempi letterari , nella sceneggiatura(dello stesso Claudel), per filmare i passaggi dell'evoluzione di Juliette. E a parte qualche ingenuità superflua (il sermone di Léa sulla verità e Dostoewsky..) e qualcuna invece simpatica sul cinema e Rohmer: (“ma perchè i Parigini ce l'hanno spesso con Parigi?”), che si lascia però perdonare; il film corre sicuro verso il finale.
Questultimo,sarà perchè atteso insieme all'interrogativo cruciale ,per tutto il film: sceglie la via forse più semplice, quella cioè ,della rivelazione che tutto ricompone.
Forse mi sarebbe piaciuta una soluzione più aperta e meno ovvia.
Il film ,resta comunque una visione ,di quelle che ti sollecitano mille pensieri e riflessioni, e già con questo, assolve ad una funzione che ,quando si realizza;ti fa sentire all'uscita del cinema più soddisfatta....Azzardo:
più ricca.
Da vedere
P.S.: E' solo un'intuizione;ma credo che il doppiaggio non abbia reso un grande servizio ai dialoghi...aspetto il dvd per vederlo in v.o.

martedì 10 febbraio 2009

Cos'é lo "SCEC".

Per maggiori informazioni, vedere il sito in coda al filmato.

La sede dell'associazione Masaniello è a Napoli in Salita Tarsia.

Ancora sul signoraggio..contributo Napoletano!

Dall'ultimo spettacolo di B.Grillo ,una testimonianza napoletana sul signoraggio e sullo "SCEC."

lunedì 2 febbraio 2009

Figli e comunicazione

E' questa l'unica modalità in cui si esprime la comunicazione genitori- figli, oggi? E' possibile creare un dialogo, quando c'è un rifiuto totale del medesimo? E' possibile comunicare,sulla base di un terreno condiviso,che non c'è?. . E neppure si vuol cercare?

domenica 1 febbraio 2009

Appaloosa

( Come ti riscrivo il western )

Ed Harris regista ed interprete insieme a Viggo Mortensen, Renée Zellweger e Jeremy Irons ci propone una interessante rilettura del genere western.
Tratto da un romanzo di Robert B.Parker completamente riscritto dallo stesso Harris con Robert Knott.
Virgil Cole(Ed Harris)e Everett Hitch(Viggo Mortensen) due “pacificatori,”tanto diversi quanto complementari, portano in giro per il West, con fare missionario, la loro opera di difensori della legge. Giungeranno ad Appaloosa (polverosa cittadina di frontiera del New Mexico), assoldati per ristabilire l'ordine ,contro il vilain di turno Randall Brag(Jeremy Irons). Nella cittadina giungerà poi Allison French(Renée Zellweger ) che diverrà ben presto per Virgil ,“Allie”.Determinando una serie di eventi che porteranno i due amici a...
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Il film parte secco e asciutto introdotto dall'incipit della voce fuori campo di Virgil ,che ci introduce senza fronzoli, all'essenzialità della vicenda. . Così ad indicare,da subito, la cornice rigorosa, entro la quale si muoveranno i protagonisti. Tutti i topoi del genere sono rispettati, e un omaggio alla tradizione,si intuisce anche,nella cura delle scenografie e nei paesaggi splendidamente fotografati, dei campi lunghi. Ma seppure all'interno della cornice tradizionale, il film procedendo, osa poi delle suggestioni che si allontanano da questa. E si nota come, a partire dalla psicologia dei personaggi principali, tutto abbia un taglio obliquo , ironico, che suggerisce appunto un approfondimento “moderno.” Merito soprattutto della sceneggiatura di cui si diceva all'inizio. Vediamo dunque i due amici vivere un rapporto di mutuo soccorso,( enfatizzato dalla recitazione fatta di sguardi e monossilabi del “vice” Everett)che di poco o nulla abbisogna . Ed ancora lo “sceriffo” Virgil eroe per la tradizione,al quale invece, qui:“mancheranno letteralmente le parole”; suggerite prontamente,da Everett.
Il tutto condito da una misoginia , neanche tanto velata,(vedi “l'abbraccio”-citazione nel saloon, che salva Harris dalla rissa)che è però,dato il contesto temporale,solo antropologica nello sguardo . Infatti le donne, sono poche , e con ruoli molto precisi (cameriere o puttane). Neanche il cattivo Brag, resta del tutto fedele al suo compito di cattivo tradizionale, trasformandosi e piegandosi, come la società che va evolvendosi. Solo Allie , nasce da subito, in una veste più originale e moderna, con il suo status di donna sola e indipendente. Ed anche se finirà per “accasarsi”, lo fa scegliendosi tra i tanti, il maschio dominante(come suggerisce Everett). Anche qui, ritroviamo l'ironia unita al distacco di uno sguardo quasi antropologico.. alla fine, l'eroe risulterà essere con una scelta coerente con i valori della tradizione, proprio Everett ; che era sembrato all'inizio ,quello da cui aspettarsi più sorprese..
Harris e Mortensen sono bravissimi, in special modo M. che non mi delude quasi mai. Tra l'altro si ripropongono come coppia rodata dopo History of violence. Irons incolore, e ultimamente in caduta libera. E la Zellweger : che dire?
Ha una sola espressione; occhi strizzati sorrisino perenne e birignao a gogò. Anche se il ruolo si prestava proprio a questo..non risulta credibile per tanto fascino..
Carinissimi i titoli di coda.
Gradevole ed encomiabile come tentativo di rilettura.
Per gli appassionati del western comunque.

"Manifesto dei diritti della terra"

Lettera del capo Pellirossa Capriolo Zoppo al presidente degli Stati Uniti Franklin Pirce del 1854. Un documento di straordinaria profondità, e quanto mai attuale.