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sabato 5 marzo 2016

Quella foglia sul lucernaio: ROOM


Brie Larson, fresca di oscar come miglior attrice è Joy/Mà in ROOM, regia di LennyAbrahamson.Il film sbarca nelle nostre sale,dopo l'anteprima alla scorsa edizione del festival di Roma,dove ha ricevuto una calda accoglienza di pubblico e critica,e dopo aver raccolto il premio del pubblico allo scorso festival di Toronto e svariati altri premi e candidature.
Jacob Tremblay è Jack il figlio di ,che compie gli anni(cinque) proprio nel giorno con il quale si apre il film.
L'universo nel quale vivono Jack e Mà, è una stanza di pochi metri chiusa da una porta blindata e  un piccolo lucernaio al soffitto. La stanza ha poche suppellettili e il minimo necessario per soddisfare le necessità vitali: Armadio,Tavolo,Comodino,Specchio, Televisore e pochi altri.
Ed è così che li chiama Jack ,con un nome proprio; dandogli una sorta di vita autonoma, che va oltre la loro funzione.
Mà,ha creato per Jack un universo illusorio che rende possibile e tollerabile ad entrambi,di sopravvivere in pochi metri. Allevandolo nella convinzione che la Stanza è la sola realtà esistente; e  anche le immagini che gli rimanda il televisore, sono delle “magie illusorie”.
Anche il vecchio Nick,per il quale Jack è costretto a dormire nell'armadio, mentre la madre viene regolarmente abusata ogni notte,non sa che è suo padre;ma solo colui che porta cibo,vestiario e a volte,qualche gioco. Joy/Mà è in realtà stata rapita a 17 anni, e tenuta segregata dal suo carnefice insieme a Jack, nato dopo le violenze subìte.
Il giorno del compleanno,quando si fa più concreta ed imminente la possibilità di essere entrambi uccisi dal vecchio Nick; si vede costretta a rivelare a Jack che esiste un mondo reale, al di là della Stanza,ed è necessario che lui si prepari a fuggire per riuscire a salvare entrambi dalle cattive intenzioni del vecchio Nick....

Il film è l'adattamento del romanzo di Emma Donoghue:Stanza,Letto,Armadio, Specchio.
La stessa scrittrice ha curato anche la sceneggiatura del film, e si è ispirata alle cronache reali del caso Fritzl.
Subito il film ci proietta  nel rapporto di esclusiva simbiosi che esiste tra Jack e Mà, vissuto nell'universo- Stanza,dove ogni oggetto ogni parola detta,ogni azione si veste di realtà solo in funzione di questa, e dei limiti di spazio di cui dispone. Attraverso gli occhi di Jack, scopriamo lo scorrere della sua vita fino al quinto compleanno;vita fatta di ritualità quotidiane basiche che proteggono in qualche modo, Jack e la sua crescita. Insieme a Mà , lava i denti, fa ginnastica, vede le immagini “piatte e irreali” della tv, ed ascolta  le favole che gli racconta, prima di essere chiuso nell'armadio per l'arrivo del vecchio Nick.
L'occhio del regista che lo segue con la macchina, compie l'impresa di farci vedere
dilatati tempo e spazio, proprio come li vedono i suoi occhi; anche se a volte ambiguamente indugia sullo sguardo di Nick che osserva incuriosito e perplesso una foglia posarsi sul vetro del lucernaio,unico ponte con l'ignoto sconosciuto. Tutto procede fino allo snodo decisivo del rivelamento di una realtà/altra al di là della Stanza, e la necessità di raggiungerla per la salvezza.
E se fino a questo punto il film ha avuto un andamento lineare con ritmo da thriller con il suo acme nella fuga rocambolesca; prevedibilmente il film avrebbe potuto finire qui.
Invece dapprima spiazzando e disorientando, poi recuperando i fili di una continuità narrativa ed emotiva, ci introduce ad un seconda parte non meno efficace, ancorchè dolorosa.
Non è azzardato accostare le dinamiche del rapporto madre-figlio nel film con il mito della caverna di Platone.La seconda nascita di Jack in una realtà letteralmente accecante e sovradimensionata,oltrechè multisensoriale, metterà a dura prova gli equilibri fino ad allora, garantiti dalla Stanza.
E pur avendo qualche piccolo cedimento quì e là,soprattutto nel delineare il reinserimento di Joy/Mà nella nuova e mutata realtà familiare; il film scorre,soprattutto in virtù dell'interpretazione del giovanissimo Tremblay, che sostiene con la sola incisività della sua interpretazione anche i buchi di scrittura nel personaggio di Mà.
Vincente risulta la chiave di lettura del regista Abrahamson(ricordiamo gli ottimi Garage e Frank),che capovolge la prospettiva di un film che avrebbe potuto cedere banalmente al ricatto sentimentale o alla retorica sociologica. Nel finale aperto, Jack torna per un'ultima volta nella Stanza,individuando in essa, l'unico aiuto/riferimento per decodificare un futuro altrimenti incerto.
Sull'interpretazione della Larson si sono già espresse abbondantemente le cronache ed i riconoscimenti avuti. Bravi anche tutti gli altri comprimari.
Ma il vero protagonista è il giovanissimo Jacob Tremblay, che con la sua straordinaria interpretazione è il motore pulsante del film, giustificandone già da solo,il valore.
Vedetelo in lingua originale se possibile.
Da non perdere



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