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venerdì 30 agosto 2019

Il tentativo di spiegare il male: l’esperimento Milgram.


Il male che abita dentro ognuno di noi, i meccanismi che ne gestiscono la quiescenza, i problemi etici e filosofici che interrogano da sempre l’uomo: oggi, molte domande vivono e si ripropongono con una urgente attualità. Qualcuno in tempi non lontanissimi, tentò anche di dare qualche  risposta.








Negli anni ’60 l’Europa era ancora sotto l’effetto dello shock di cosa il regime nazista era stato capace di fare. La condanna per i campi di sterminio e i genocidi razziali era stata unanime da tutto il mondo, ma dietro a quella c’era una domanda che ci si poneva sempre più spesso, soprattutto alla luce dei processi che stavano avendo luogo contro le gerarchie dell’esercito tedesco: com’è possibile che un’intera organizzazione militare, rappresentante per esteso di un intero popolo, era stata capace di atti di tale disumanità? È possibile che tutti fossero complici nel più grave episodio di annullamento dei diritti umani della storia dell’uomo? Domande che necessitavano una spiegazione.
Lo psicologo Stanley Milgram dell’Università di Yale ebbe un’idea molto pratica, che poteva dare la risposta alle domande che tutto il mondo, in quegli anni, si stava ponendo. Dal momento che la difesa più comune delle gerarchie naziste nei processi a loro carico risiedeva nel fatto che stessero solo “eseguendo degli ordini”, la domanda alla fine si traduceva in un’altra, strettamente collegata: è sufficiente che un’autorità esterna ci ordini di fare qualcosa, per renderci capaci di atti disumani? È sufficiente il senso di deresponsabilizzazione dovuto alla presenza di un’altra persona al comando a trasformarci in dei mostri? Era su questo che il celebre esperimento di Milgram voleva far luce...


Dal sito www.auralcrave.com di Carlo Affatigato