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sabato 23 aprile 2016

Intolerance

Si può legittimamente parlare della genesi di Intolerance, come di una risposta di David W. Griffith alle pesanti critiche che avevano accompagnato il suo precedente Nascita di una Nazione. Nonostante il grande successo commerciale, le accuse di razzismo rivoltegli, risultarono determinanti nell'immaginare nel una possibilità di riscatto atta a rappresentare una risposta, tanto forte quanto esaustiva, alla querelle suscitata dal suo precedente. Questa intenzionale peculiarità avrà un peso rilevante nella sua nuova produzione.
In Intolerance si avverte l'esigenza creativa e apologetica insieme, convogliata in una visione del Tempo/Storia dove si contrappongono i principi del Male e dell'Intolleranza contro quelli dell'Amore Salvifico. La realizzazione del film risponde in pieno a questa esigenza, con una messinscena maestosa ed articolata. In essa emergono tutti gli artifici e le innovazioni tecniche che codificheranno la grammatica del cosiddetto cinema narrativo classico.
In particolare, nell'episodio denominato "La Caduta di Babilonia", Griffith apporta sostanziali novità nelle tecniche di ripresa, avvalendosi di torri munite di ascensori e di altissime gru - antesignane dei moderni dolly - per riprendere grandi folle dall'alto. La cura nelle scenografie per la ricostruzione storica - anche se non sempre fedelissima - mantiene immutato il suo fascino e valore ancora oggi. Lo stesso per la gerarchizzazione nella composizione delle inquadrature, funzionali alla rilevanza drammaturgica dei personaggi, e l'uso raffinato dei mascherini con cui esaltare il primo piano dei volti, rafforzando il pathos emozionale del racconto.
Un’ambizione alta, dunque, che si sposa alla figura di raccordo dei quattro episodi del film: una madre simbolica che culla incessantemente un bimbo. Anche il montaggio più serrato, con la contemporanea risoluzione finale degli episodi in un crescendo emozionale, risulta quanto mai efficace (la definizione “finale alla Griffith” è ancora in uso). Illuminante la scena finale del film, atta a sottolineare la necessità di un forte giudizio critico per denunciare l’ingiustizia del mondo degli uomini ed avvicinarsi alla compassione, che preannuncia il sorgere di una nuova civiltà. Con Intolerance Griffith parla ai nostri cuori mettendo in ombra il cervello. Tuttavia la sua capacità inventiva ha una sua base intellettuale, così come la volontà di lanciare un messaggio che non fu adeguatamente compreso né raccolto dal pubblico dell’epoca.