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lunedì 26 aprile 2021

Nomadland


 

L'innarestabile ascesa di Nomadland, con tutta probabilità, porterà la regista cinese C.Zhao a conquistare l'ambitissimo riconoscimento nella prossima cerimonia degli Oscar 2021; coronando una carriera che a soli 39 anni e tre lungometraggi, l'ha imposta all'attenzione mondiale. Dopo il fortunato esordio di Songs My Brothers Taught Me (2015)presentato al Sundance festival e a Cannes; ottiene con il successivo The Rider (2017) di cui è sceneggiatrice, regista, coproduttrice e montatrice; i significativi riconoscimenti ISA, nell'ambito del cinema indipendente. Nel 2020 scrive, gira, coproduce e monta Nomadland che gli vale il pieno riconoscimento internazionale vincendo il Leone d'oro a Venezia, i recenti Golden Globe per miglior regia, miglior film drama, e una sfilza di altri prestigiosi riconoscimenti. Ispirato dal libro inchiesta omonimo di Jessica Brudel, il film  esplora il fenomeno di una parte crescente di americani, che per la crisi economica culminata nella grande recessione del primo decennio del 2000, e in una situazione crescente di disoccupazione in nulla tutelata dall'assenza di welfare e assistenza sanitaria; non riesce ad accedere alle condizioni minime, necessarie per una sopravvivenza decorosa. Una umanità trasversale per età, provenienza sociale e culturale, che si trova ad accettare-prevalentemente per necessità- (anche se il film via via, sembra sposare la tesi di una scelta alternativa e libertaria utile a  reinventare i valori fondanti del vivere )lavori stagionali che implicano un'esistenza nomade. Stazionando in parcheggi- comunità per camperisti, che si susseguono a partire dalle spettrali lande del Nevada fino al caldo desertico degli stati del sud. Questo lo sfondo in cui si muove Fern, la protagonista: interpretata da Frances Mc Dormand. Sola, dopo la morte del marito e l’abbandono del villaggio aziendale dove abitava, dovuto alla  chiusura della fabbrica di Empire nel Nevada: la vediamo raccogliere i pochi oggetti, che hanno il valore di racchiudere la sua vita vissuta fino a quel momento, e trasformare un piccolo van adibendolo  a nuova casa su ruote, che ribattezza “Avanguardia”. Inizia così il suo percorso on the road, in cerca di qualunque lavoro possa garantirle la sopravvivenza. Nella prima esperienza presso un camperForce allestito da Amazon in periodo natalizio; scopriamo tanti, che similmente a lei hanno perso il lavoro e si sono ritrovati con una pensione tale da non poter sostenere il fitto di una casa stabile o pagare le spese dell'assistenza sanitaria. Attraverso gli incontri con Linda May, Swankie, e Dave (David Strathairn), veri lavoratori nomadi (ad eccezione di Strathairn )con  i quali condivide la  perdita di uno status di precedente certezza economica e sociale; Fern stringe rapporti di solidarietà e sostegno reciproco. Nell'approccio in parte documentaristico con i reali protagonisti, la regista filma la realtà mutuata dal saggio della Bruder, innestandovi la finzione del personaggio di Fern con il suo percorso emotivo ed esistenziale. I due aspetti: realtà e finzione, se si avvalgono e sostanziano della ottima performance della McD. mostrano dall'altro, i limiti imposti da una convivenza che non è del tutto riuscita. La regia della Zhao viene edulcorata e piegata artificiosamente alla sceneggiatura, dalle esigenze di una messinscena dallo stile rarefatto e forse per questo, un po' artificioso oltre che spesso, inutilmente sottolineato dalle musiche di L.Einaudi. Esibisce la predilezione (ricorrente in tutta la filmografia precedente), per gli spazi aperti e naturali opportunamente fotografati, e qui utilizzati per ammantare con la filigrana della poesia, il dolore e la durezza del contesto sociale dal quale pure ha origine, quello raccontato dalle esperienze dei protagonisti. Una tale visione d'insieme, vanifica però la scrittura dei personaggi, rappresentati in modo fin troppo asciutto e frammentario, per via dei pochissimi dialoghi che ne limitano  la potenzialità drammaturgica. Spesso, questi si limitano ad un mero scambio di battute: poche informazioni utilizzate in funzione della costruzione del personaggio di Fern che resta il focus principale del film. La scelta di casting della McD, tra l'altro, offusca e schiaccia con la sua valenza di star, la credibilità delle istanze nobilmente spirituali che animano sia la scrittura del suo personaggio che del film in sé. Tutto sembra mantenere in precario equilibrio, sia una certa ambiguità d'intenti che di toni. Interessante la figura del guru Bob Wells; reale punto di riferimento della comunità dei workcampers americani ma che, purtroppo, non viene approfondita quanto avrebbe meritato. In una intervista, C.Zhao ha dichiarato che la sua intenzione non era quella di fare un film politico, ma di essere interessata solo al percorso interiore dei personaggi. Coerentemente quindi, il perché  Fern sia così riluttante all'accettazione di uno stile di vita convenzionale e stabile, sembra solo suggerirlo una battuta della sorella Dolly, che riferendosi alla sua eccentricità sin da bambina dice: “per te, quello che era fuori era sempre più bello di quello che avevi”. Ed anche durante il  pranzo di Ringraziamento con la famiglia di Dave, che gli propone una possibile solidale convivenza, Fern confermerà la sua scelta con un rifiuto. Ritornerà subito dopo ad Empire, nell'appartamento fantasma dell'inizio. Rielaborerà a suo modo il lutto, sancendo da un lato la “non appartenza” a qualunque luogo fisico possa limitarla, tracciandone i confini. E creando dall'altro, il ricordo indelebile e vitale di una casa dell'anima, quella che porterà con sé per sempre e nuovamente, sulla strada. Di certo, quanto quest’ultima sia in direzione ostinata e contraria, non è dato saperlo.