“E' LA STAMPA BELLEZZA”.
Tutti
gli uomini del Vaticano ne
Il caso Spotlight(Spotlight) di
Thomas McCarthy.
Il
film di McCarthy mette in scena l'inchiesta con la quale nel 2002,
l'unità di giornalismo investigativo del Boston Globe,denominata
“Spotlight”, portò alla luce lo scandalo degli abusi sessuali
perpetrati ai danni di migliaia di bambini ed adolescenti da parte di
centinaia di preti pedofili(nella sola Boston) e sistematicamente
coperti ed insabbiati dall'allora arcivescovo di Boston,Bernard Law.
Tutto,unitamente
al consenso delle gerarchie Vaticane, nonchè alla connivenza
omertosa di varie istituzioni cittadine e buona parte della città
stessa.
In
seguito alla pubblicazione degli articoli/denuncia, il Boston Globe
ed il suo team di giornalisti,
fu
insignito,nel 2003,del prestigioso premio Pulitzer.
L'inchiesta
ha dato inizio al grande scandalo della pedofilia presente nella
chiesa cattolica,che ben presto ha assunto,per i suoi
numeri,rilevanza mondiale. Ed è,a tutt'oggi, lungi dall'essere
risolto.
Il
film si inserisce nel solco tracciato dalla cinematografia di
denuncia degli anni 70; che ha in Lumet e Pakula due testimoni
d'eccellenza.
Ma
attraverso il lavoro di fine cesello che il regista ha fatto nella
sceneggiatura,in collaborazione con Josh
Singer;
S.
si allontana da quei modelli, perchè non contiene alcun
momento,seppur minimo,di compiacimento nel suo svolgimento;nè nella
scrittura di alcuno dei personaggi.
Ben
presente nel film,è invece la consapevolezza della funzione sociale
e civile, che i quattro giornalisti hanno del loro operato.
Così
come il film,evidenzia una sua peculiare consapevolezza, nel
rappresentarla.
Perfettamente
bilanciati infatti,sono i due aspetti:quello documentale e quello
delle esigenze spettacolari della rappresentazione, fusi con estremo
rigore e chiarezza espositiva.
Il
che non esclude peraltro, che il film proceda con un crescendo, che
ha il pathos avvincente di un thriller.
Così
come confermato dallo stesso regista,S.non
è un film sulla pedofilia o contro la fede; ma contro l'abuso del
potere e le sue molteplici e distorte diramazioni.
Il
film punta il suo focus sul mestiere di giornalista e sulle domande
che, inevitabilmente, si pongono sul ruolo ed i limiti professionali
e personali, entro i quali è giusto e doveroso agire.
E
nella cornice puntuale e simbolica della cattolicissima Boston, dove
si annidano i meccanismi perversi assurti a “sistema”,che hanno
soffocato, e insieme determinato il non voler “vedere”; si
muovono i giornalisti Michael
Keaton
nel ruolo del caporedattore Walter Robinson, Mark
Ruffalo
in quello di Mike Rezendes, Rachel
McAdams
come Sacha Pfeiffer e Brian
d’Arcy
nei panni di James Matt Carroll.
Oltre
al direttore deus ex machina John
Slattery
come Ben Bradlee Jr.
Tutti
impeccabili e calibratissimi nei loro ruoli, ad eccezione di Ruffalo,
il
cronista più “caldo” ed impetuoso che vive il caso come
un'urgenza personale(giustamente candidato all'oscar).
Dopo
la fatica dell'affrontare mille reticenze,le corse, gli ostacoli e le
trappole ricattatorie, dopo aver attraversato il dolore delle
vittime: “si può dire di no a Dio?”.
Ed
aver messo in luce ciò che regola i delicati equilibri tra
responsabilità personale e dovere civile;senza dimenticare neanche
le proprie iniziali responsabilità nell'aver sottovalutato le prime
denunce..
ecco
arrivare le domande ed i tormenti personali ai quali dare una
risposta.
E
le risposte saranno tutte nel rumore di quelle rotative, oramai in
moto,
inesorabilmente.
Da
vedere
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