Brie Larson, fresca di oscar
come miglior attrice è Joy/Mà in ROOM, regia di
LennyAbrahamson.Il film sbarca nelle nostre sale,dopo l'anteprima
alla scorsa edizione del festival di Roma,dove ha ricevuto una calda
accoglienza di pubblico e critica,e dopo aver raccolto il premio del
pubblico allo scorso festival di Toronto e svariati altri premi e
candidature.
Jacob
Tremblay è
Jack il figlio di Mà,che
compie gli anni(cinque) proprio nel giorno con il quale si apre il
film.
L'universo
nel quale vivono Jack e Mà, è
una stanza di pochi metri chiusa da una porta blindata e un
piccolo lucernaio al soffitto. La stanza ha poche suppellettili e il
minimo necessario per soddisfare le necessità vitali:
Armadio,Tavolo,Comodino,Specchio, Televisore
e pochi altri.
Ed è
così che li chiama Jack ,con
un nome proprio; dandogli una sorta di vita autonoma, che va oltre la
loro funzione.
Mà,ha
creato per Jack un
universo illusorio che rende possibile e tollerabile ad entrambi,di
sopravvivere in pochi metri. Allevandolo nella convinzione che la
Stanza è la sola
realtà esistente; e anche le immagini che gli rimanda il
televisore, sono delle “magie illusorie”.
Anche
il vecchio Nick,per il
quale Jack è
costretto a dormire nell'armadio, mentre la madre viene regolarmente
abusata ogni notte,non sa che è suo padre;ma solo colui che
porta cibo,vestiario e a volte,qualche gioco. Joy/Mà
è in realtà stata rapita a 17 anni, e tenuta segregata dal suo
carnefice insieme a Jack,
nato dopo le violenze subìte.
Il giorno del compleanno,quando si fa più concreta ed imminente la
possibilità di essere entrambi uccisi dal vecchio Nick;
Mà si vede costretta
a rivelare a Jack che
esiste un mondo reale, al di là della Stanza,ed
è necessario che lui si prepari a fuggire per riuscire a salvare
entrambi dalle cattive intenzioni del vecchio Nick....
Il
film è l'adattamento del romanzo di Emma
Donoghue:Stanza,Letto,Armadio,
Specchio.
La
stessa scrittrice ha curato anche la sceneggiatura del film, e si è
ispirata
alle cronache reali del caso Fritzl.
Subito il film ci proietta nel rapporto di esclusiva simbiosi che
esiste tra Jack e
Mà,
vissuto nell'universo- Stanza,dove
ogni oggetto ogni parola detta,ogni azione si veste di realtà solo
in funzione di questa, e dei limiti di spazio di cui dispone.
Attraverso gli occhi di Jack,
scopriamo lo scorrere della sua vita fino al quinto compleanno;vita
fatta di ritualità quotidiane basiche che proteggono in qualche modo, Jack
e la sua crescita. Insieme a Mà , lava i denti, fa ginnastica, vede le
immagini “piatte e irreali” della tv, ed ascolta le favole che gli racconta, prima
di essere chiuso nell'armadio per l'arrivo del vecchio
Nick.
L'occhio
del regista che lo segue con la macchina, compie l'impresa di farci
vedere
dilatati
tempo e spazio, proprio come li vedono i suoi occhi; anche se a volte
ambiguamente indugia sullo sguardo di Nick
che osserva incuriosito e perplesso una foglia posarsi sul vetro del
lucernaio,unico ponte con l'ignoto sconosciuto. Tutto procede fino
allo snodo decisivo del rivelamento di una realtà/altra al di là
della Stanza,
e la necessità di raggiungerla per la salvezza.
E
se fino a questo punto il film ha avuto un andamento lineare con
ritmo da thriller con il suo acme nella fuga rocambolesca;
prevedibilmente il film avrebbe potuto finire qui.
Invece
dapprima spiazzando e disorientando, poi recuperando i fili di una
continuità narrativa ed emotiva, ci introduce ad un seconda parte
non meno efficace, ancorchè dolorosa.
Non
è azzardato accostare le dinamiche del rapporto madre-figlio nel
film con il mito della caverna di Platone.La seconda nascita di Jack
in una realtà letteralmente accecante e sovradimensionata,oltrechè
multisensoriale, metterà a dura prova gli equilibri fino ad allora, garantiti dalla Stanza.
E
pur avendo qualche piccolo cedimento quì e là,soprattutto nel
delineare il reinserimento di Joy/Mà
nella
nuova e mutata realtà familiare; il film scorre,soprattutto in virtù
dell'interpretazione del giovanissimo Tremblay,
che
sostiene con la sola incisività della sua interpretazione anche i
buchi di scrittura nel personaggio di Mà.
Vincente
risulta la chiave di lettura del regista Abrahamson(ricordiamo
gli ottimi Garage e
Frank),che
capovolge la prospettiva di un film che avrebbe potuto cedere
banalmente al ricatto sentimentale o alla retorica sociologica. Nel
finale aperto, Jack
torna per un'ultima volta nella Stanza,individuando
in essa, l'unico aiuto/riferimento per decodificare un futuro
altrimenti incerto.
Sull'interpretazione
della Larson
si sono già espresse abbondantemente le cronache ed i
riconoscimenti avuti. Bravi anche tutti gli altri comprimari.
Ma
il vero
protagonista
è il giovanissimo Jacob
Tremblay,
che con la sua straordinaria interpretazione è il motore pulsante
del film, giustificandone già da solo,il valore.
Vedetelo in lingua originale se possibile.
Vedetelo in lingua originale se possibile.
Da
non perdere
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