Prosegue
con Birdman
il fortunato trend che vanta tra gli illustri predecedenti,seppure
agli antipodi, The
Player
di Altman
e
il recente Maps
to the stars
di Cronenberg;
a dimostrare ancora, quanto successo di critica e pubblico riscuotano
Hollywood Broadway, e in generale il mondo dello spettacolo nella
sua interezza, quando propongono una riflessione su se stessi e sui
loro spesso perversi, meccanismi.
E'
un feroce e caustico gioco al massacro,l'ultima fatica del messicano
Iñárritu,che
prosegue la marcia trionfale verso gli oscar,con un già ricco carnet
di premi conquistati.
Il
protagonista Riggan Thompson (Michael
Keaton),attore
in declino ma che ha conosciuto in passato il grande
successo
nei panni di un pennuto supereroe,tenta il riscatto investendo tutto
se stesso, nell'allestimento teatrale a Broadway di un testo di R.
Carver.
Credendo,di poter dimostrare a se stesso e al pubblico, il “vero”
attore che si cela dietro la maschera del supereroe. Sarà ostacolato
in questo percorso dal suo alter ego pennuto, che lo accompagnerà
come scomoda coscienza critica, portandolo in un percorso ad
ostacoli, a conseguenze estreme quanto imprevedibili.A completare il
cast sulla scena e nella vita di Riggan:un cinico produttore nonché
avvocato personale(Zac
Galifianakis) ,un
attore osannato dalla critica che renderà dura la vita a tutta la
compagnia (Edward
Norton candidato
all'oscar),la figlia fresca di rehab ed in defict d'affetto
paterno(Emma
Stone
candidata all'oscar)la prima attrice perennemente insicura(Naomi
Watts),l'attrice
ed amante trascurata(Andrea
Riseborough),e
l'ex moglie.Il film si snoda come un lungo e sinuoso piano sequenza
sapientemente montato,che avvolge ed accompagna i protagonisti nel
loro entrare ed uscire dalla scena così come entrano ed escono dalla
loro interiorità in un continuo rimando tra realtà e
rappresentazione di se stessi. Quasi interamente girato nel famoso
St.James Theater con un ritmo travolgente che s'intreccia alla
strepitosa colonna sonora di una batteria jazz dal suono
sincopato;imbandisce uno spettacolo dove niente viene risparmiato:dal
ruolo della critica sostanzialmente chiusa nei propri clichés di
pensiero e incapace di cogliere ciò che di nuovo esprime
la
contemporaneità perchè vincolata alle sue etichette ed
autoreferenzialità.Al ruolo straniante che giocano i media ed i
nuovi social.(godibilissima la battuta su Barthes). E sulla
sostanziale contrapposizione culturale che si vuol far giocare tra
ciò che è ritenuto popolare-commerciale quindi “basso” e
contenuti riconosciuti da una élite, e principalmente perchè ad
essa funzionali, sugellati come “artistici”.
Il
film è anche una riflessione sulle tecniche di recitazione e sulle
mille nevrosi che ruotano intorno al mestiere d'attore.Tutti gli
interpreti concorrono,giocando con rimandi alle propria realtà di
attori a cominciare da Michael Keaton; e si sprecano anche battute al
cianuro, su altri illustri colleghi.
Unico
punto debole è proprio la cifra surreale onirica che viene spesa
soprattutto nel finale,che sebbene
dichiaratamente
aperto lascia perplessi.
Altra
nota stonata, il trucco: mai visto infierire così tanto su un
attore.
Da
vedere
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