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venerdì 20 febbraio 2015

Cosa abbiamo fatto al buon Dio?


E' il titolo originale di Non sposate le mie figlie!prima commedia di rilievo,del regista Philippe de Chauveron.
Ed è anche quello, che probabilmente si chiede Charles Verneuil insieme alla moglie Marie,quando pensa a tre delle sue quattro figlie, sposate in rapida successione rispettivamente ad un ebreo, un arabo,e un cinese.
Tutte le aspettative, maturate nell'alveo di una tranquilla vita borghese trascorsa nella provincia francese e suffragate dalle idee golliste di Charles, sono infatti, miseramente naufragate nella realtà di una Francia politicamente corretta, ed aperta alla piena integrazione razziale dei matrimoni misti.
Dopo le schermaglie iniziali ed i battibecchi pungenti, che vedono protagonisti non solo i Verneuil,ma uno contro l'altro, anche i tre generi; con la maggiore conoscenza, e progressivamente con la nascita dei nipotini; tutte le fratture sembrano ricomporsi,in un ecumenico abbraccio di ritrovata solidarietà ed armonia.
Ma le sorprese sono in agguato.
In occasione del Natale, l'ultima delle quattro sorelle, annuncia alla famiglia il prossimo matrimonio con un ragazzo francese e cattolico; risvegliando le speranze e il sogno mai sopito nei genitori, di avere finalmente in famiglia, un matrimonio “normale”...
La commedia di Chauveron utilizza tutti i tòpoi del genere, per rappresentare con mano leggera, le ansie e le contraddizioni della società francese più tradizionalista, repressa e contenuta nell'apparente politically correct. Proponendo nel contempo, ad un pubblico immaginato come trasversale, le rassicuranti certezze dell' ”Altro,” rappresentato come una figura, già ben inserita nella società francese. Infatti i tre mariti delle giovani Verneuil, svolgono professioni importanti per la comunità:essendo rispettivamente uno imprenditore,l'altro bancario ed il terzo, avvocato.
Nessun disoccupato, nessuna banlieu turba lo spettatore o inquina la superficie della trama. Ed il film risolve ogni possibilità d'approfondimento sul tema razzismo e integrazione multiculturale, con pochi graffi;lasciati soprattutto alle battute dei tre giovani uomini.
Non s'infierisce con cinica cattiveria dunque; preferendo invece toni più morbidi e concilianti.
Apertura e conciliazione, sono nel tratteggio di tutti i personaggi femminili ai quali con condivisibile generosità,
il regista- sceneggiatore attribuisce e affida per “vocazione”,questo ruolo .
Va ricordato che il film, campione d'incassi in patria, è uscito ben prima dei tragici fatti di Charlie Hebdo.
Sostenuto da un buon ritmo e da attori tutti simpaticamente in parte,C. confeziona un buon prodotto che pur non ambendo ad entrare nella storia(Indovina chi viene a cena, è lontano,e non soltanto cronologicamente),garantisce un'ora e mezza di gradevole spettacolo e più di una risata.
Restiamo sempre ammirati dalle capacità dei nostri cugini d'oltralpe, e dalla forza del loro sistema produttivo.
Sistema che li ha portati negli ultimi anni anni ad affermarsi non solo in patria con tanti successi, ma anche sui ben più difficili, mercati esteri. Con una continuità, ed un valore della loro cinematografia, che anche a livelli medi(soprattutto nelle commedie), mostra una qualità ancora molto lontana da quella delle nostre commedie.
E ricorda ancora una volta ai nostri amministratori culturali, sempre più latitanti,quanto ripaghi invece, investire sul valore fondante della cultura

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