E'
il titolo originale di Non
sposate le mie figlie!prima
commedia di rilievo,del regista Philippe
de Chauveron.
Ed
è anche quello, che probabilmente si chiede Charles Verneuil
insieme alla moglie Marie,quando pensa a tre delle sue quattro
figlie, sposate in rapida successione rispettivamente ad un ebreo, un
arabo,e un cinese.
Tutte
le aspettative, maturate nell'alveo di una tranquilla vita borghese
trascorsa nella provincia francese e suffragate dalle idee golliste
di Charles, sono infatti, miseramente naufragate nella realtà di una
Francia politicamente corretta, ed aperta alla piena integrazione
razziale dei matrimoni misti.
Dopo
le schermaglie iniziali ed i battibecchi pungenti, che vedono
protagonisti non solo i Verneuil,ma uno contro l'altro, anche i tre
generi; con la maggiore conoscenza, e progressivamente con la nascita
dei nipotini; tutte le fratture sembrano ricomporsi,in un ecumenico
abbraccio di ritrovata solidarietà ed armonia.
Ma
le sorprese sono in agguato.
In
occasione del Natale, l'ultima delle quattro sorelle, annuncia alla
famiglia il prossimo matrimonio con un ragazzo francese e cattolico;
risvegliando le speranze e il sogno mai sopito nei genitori, di avere
finalmente in famiglia, un matrimonio “normale”...
La
commedia di Chauveron
utilizza
tutti i tòpoi del genere, per rappresentare con mano leggera, le
ansie e le contraddizioni della società francese più
tradizionalista, repressa e contenuta nell'apparente politically
correct. Proponendo nel contempo, ad un pubblico immaginato come
trasversale, le rassicuranti certezze dell' ”Altro,”
rappresentato come una figura, già ben inserita nella società
francese. Infatti i tre mariti delle giovani Verneuil, svolgono
professioni importanti per la comunità:essendo rispettivamente uno
imprenditore,l'altro bancario ed il terzo, avvocato.
Nessun
disoccupato, nessuna banlieu turba lo spettatore o inquina la
superficie della trama. Ed il film risolve ogni possibilità
d'approfondimento sul tema razzismo e integrazione multiculturale,
con pochi graffi;lasciati soprattutto alle battute dei tre giovani
uomini.
Non
s'infierisce con cinica cattiveria dunque; preferendo invece toni più
morbidi e concilianti.
Apertura
e conciliazione, sono nel tratteggio di tutti i personaggi femminili
ai quali con condivisibile generosità,
il
regista- sceneggiatore attribuisce e affida per “vocazione”,questo
ruolo .
Va
ricordato che il film, campione d'incassi in patria, è uscito ben
prima dei tragici fatti di Charlie Hebdo.
Sostenuto
da un buon ritmo e da attori tutti simpaticamente in parte,C.
confeziona un buon prodotto che pur non ambendo ad entrare nella
storia(Indovina
chi viene a cena, è
lontano,e non soltanto cronologicamente),garantisce un'ora e mezza di
gradevole spettacolo e più di una risata.
Restiamo
sempre ammirati dalle capacità dei nostri cugini d'oltralpe, e dalla
forza del loro sistema produttivo.
Sistema
che li ha portati negli ultimi anni anni ad affermarsi non solo in
patria con tanti successi, ma anche sui ben più difficili, mercati
esteri. Con una continuità, ed un valore della loro cinematografia,
che anche a livelli medi(soprattutto nelle commedie), mostra una
qualità ancora molto lontana da quella delle nostre commedie.
E
ricorda ancora una volta ai nostri amministratori culturali, sempre
più latitanti,quanto ripaghi invece, investire sul valore fondante
della cultura
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